PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 1962: John Steinbeck

PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 1962: John Steinbeck – “Per i suoi scritti realistici e fantasiosi, che uniscono un umorismo simpatico a un’acuta percezione sociale”

GLI INTRAMONTABILI: LA VALLE DELL’EDEN, di JOHN STEINBECK

Premio Nobel per la letteratura 1962 “per le sue scritture realistiche e immaginative, che uniscono l’umore sensibile e la percezione sociale acuta”.

La valle dell’Eden è, secondo l’autore, il libro che tutti si sarebbero ricordati, tutto quello che aveva scritto prima, altro non era che la preparazione a questo romanzo.

La Valle dell’Eden è l’epopea di due famiglie, gli Hamilton alla quale appartiene lo stesso Steinbeck da parte di madre, e i Trask, famiglia di pura fantasia.

Irlandesi trapiantati nella valle di Salinas, California, i primi e abitanti del Connecticut i secondi.

Steinbeck racconta la storia di tre generazioni in una trama ricca di avvenimenti.

 

 

Non manca nulla in questo libro, pilastro della letteratura americana:

…intrighi, colpi di scena, tradimenti, omicidi, paternità dubbie, amori falsi, amori comprati, ricatti, vendette

…tanti, tantissimi personaggi che si succedono uno dopo l’altro, in lotta, in contrasto o in accordo con i protagonisti di questa lunga saga

…passaggi da un secolo all’altro, il progresso, l’invenzione dell’automobile, il mondo degli affari in pieno sviluppo, le speculazioni

…guerra, contro i nativi americani, la prima guerra mondiale, i reclutamenti, le partenze di tanti giovani per il fronte, i telegrammi che nessun genitore vorrebbe mai ricevere

…c’è la tematica del senso di colpa, dell’essere predestinato a fare del bene o a fare del male, c’è il concetto biblico del timshel, tu puoi, tu puoi decidere cosa essere, cosa diventare, cosa fare

…e soprattutto c’è il grande tema biblico del rifiuto di Dio verso Caino che ha portato all’uccisione di Abele.

Steinbeck gioca con le iniziali dei nomi dei suoi personaggi facendoci presagire quale sarà il loro destino.

Tanta tanta roba…tanta carne al fuoco…

Eppure, non me ne voglia Mr. Steinbeck, ma…

 

 

Sicuramente sarò una voce fuori dal coro, ne sono consapevole e voglio anche specificare che questo mio pensiero si riferisce solo ed esclusivamente a questo romanzo. Non ho sufficienti conoscenze per esprimere giudizi riguardo all’autore, mi riservo di leggere almeno un altro paio di libri, prima di poter dire se mi ha conquistato oppure no.

Certo è che, neanche a farlo apposta, quest’anno la letteratura americana è stata la protagonista indiscussa delle mie letture: Thoreau, Melville, Anderson, Auster, King, Wallace, Le Guin, Roth, Mc Carthy, direi che di termini di paragone ne ho collezionati diversi. E questi, ognuno a modo suo, ha lasciato un segno indelebile nel mio cuore. Tutti mi hanno dato qualcosa, tutti mi hanno fatto riflettere, mi hanno scavato dentro, mi hanno in qualche modo cambiato.

Forse ha giocato anche il fatto che le aspettative di leggere un premio Nobel, sono state alte.

O forse ci ha messo lo zampino anche James Dean, protagonista della versione cinematografica molto colossal, quasi mitica.

Sta di fatto che questo libro non mi ha convinto per nulla: è, a mio parere, un libro che resta in superficie, non è un libro di profondità.

Non c’è profondità nei personaggi che ho trovato tutti, o quasi, bidimensionali, monocromatici, stereotipati, o buoni o cattivi. Ne salvo giusto un paio.

Nessuno, o quasi, si mette in discussione, non c’è evoluzione emotiva, non ci sono travagli interiori, tutti sono praticamente piatti.

E non c’è profondità nelle tematiche che ho elencato; sono solo accennate, come buttate lì, della serie “io l’ho detto, io vi ho avvisato”.

 

 

 

Mi dispiace Mr. Steinbeck, ma non mi hai soddisfatto, non mi hai fatto soffermare sulle tue parole, non mi hai stimolato a riflettere, non mi sono posta domande leggendoti.

I pochi personaggi che ho apprezzato li hai fatti sparire quasi nel nulla, senza possibilità di replica.

Spariti dalla storia, spariti dalla memoria e dai ricordi degli altri protagonisti.

E soprattutto mi è mancato molto “sentire, percepire” l’anima dello scrittore, il tuo punto di vista, il tuo cuore…forse questo è stato quello che ha reso questo libro così impalpabile, evanescente.

Ci riprovo con Furore e Uomini e topi, Mr. Steinbeck, premio Nobel per la letteratura, meriti decisamente un’altra possibilità…e io anche, la possibilità di poter apprezzare un pilastro della letteratura americana.

Buona lettura

Recensione di Cristina Costa

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