PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 2014: Patrick Modiano “per l’arte della memoria con la quale ha evocato i destini umani più inafferrabili e scoperto il mondo della vita dell’occupazione”
NEL CAFFÈ DELLA GIOVENTÙ PERDUTA, di Patrick Modiano (Einaudi)
In una Parigi misteriosa, dove le strade e palazzi hanno una propria storia da raccontare, ci sono persone che vagano senza meta, uomini e donne in fuga da qualcosa, persone che cercano dei punti fermi su cui costruire la propria esistenza.
“C’erano a Parigi delle zone intermedie, delle no man’s land in cui si era al confine di tutto, in transito, o anche in sospeso. Lì si godeva di una certa intimità […]. Le zone neutre hanno almeno questo vantaggio: non sono che un punto di partenza e le si abbandona, un giorno o l’altro.”
In una di queste zone intermedie, nel Quartiere Latino, un tempo si trovava Le Condé, un bar frequentato da giovani studenti, artisti e scrittori, in cerca di qualcosa, forse della propria identità, della felicità o altro, di cui non ci è dato sapere. Uno di questi, Bowing, decise di compilare una specie di registro dove annotava data e ora, e aspetto fisico, di tutti coloro che entravano ed uscivano da Le Condé, perché “cercava di salvare dall’oblio le farfalle che volteggiano per qualche secondo intorno alla luce”, per ricordare i volti di quelle persone che erano poi sparite nel nulla, disseminate per le vie della città. Tra queste farfalle spiccava una giovane donna, che venne ribattezzata “Louki” dai ragazzi del bar.
Tutto il breve romanzo gira intorno a questa ragazza bruna dagli occhi chiari che, all’improvviso, scompare. Veniamo a sapere mano a mano della sua identità e della sua storia attraverso più punti di vista, dalle persone che l’avevano incontrata prima della scomparsa.
Non è propriamente un giallo, ma in tutte le pagine troviamo un’aura di mistero e di malinconia. Louki riuscirà a liberarsi dai fantasmi del passato e a trovare i suoi punti fermi? Oppure sarà fagocitata dalla paura dell’eterno ritorno del passato?
Sta a voi scoprirlo.
Recensione di Martina Zucchini
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