PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 2015: Svetlana Aleksievic

Non un racconto ma nemmeno un saggio, un insieme di interviste abilmente proposte in capitoli in cui l’intervento dell’autrice è ridotto al minimo, spesso ai titoli che forniscono la chiave di lettura per i pezzi trascritti. Ci troviamo quindi immersi in una cacofonia di voci che si sovrappongono ma emergono limpide di volta in volta quando i riflettori vengono puntati su di loro. Viene ripercorso un passaggio di paradigma attraverso sprazzi di memoria, si mostra la percezione della realtà che si scontra con i repentini cambi del quotidiano, sempre imposto dall’esterno per quanto gli abitanti se ne sentano intrinsecamente parte. Un libro corale, un susseguirsi di multipli punti di vista che cambiano con il procedere della data di nascita, confronti fra generazioni vicine ma divise da un abisso, che parlano lingue diverse e non riescono a mettersi ognuno nei panni degli altri.

Un testo che permette, attraverso un preciso tratteggio, di capire l’uomo comune, le contraddizioni e immergersi in una epoca, una realtà che non c’è più e che quando è guardata con nostalgia è comunque modificata, filtrata da nuove lenti, malleabile sotto lo sguardo di chi la vuole ricreare ma è cresciuto con valori, dogmi diversi e ricerca un’idea come è nella sua ma non un paradigma interpretativo della realtà che nemmeno può immaginare perché non vi è mai stato immerso né ha vissuto.

Non c’è un giudizio morale da parte dell’autrice ma solo da parte degli intervistati, nella loro estrema parzialità.

Il parziale di ogni racconto diventa universale nell’esperienza di generazioni che si accavallano ma si sfaldano, quando si fonde con tutti gli altri in un unico quadro su un momento estremamente rivoluzionario, dove il mondo si ribalta da un momento all’altro in ogni sua percezione, ideale, interpretazione.

Decisamente consigliato: da assaporare lentamente oppure immergersi facendosi trascinare come da uno tsunami.