PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 2018: Olga Tokarczuk – “per un’immaginazione narrativa che con passione enciclopedica rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita”
NELLA QUIETE DEL TEMPO, Olga Tokarczuk (Bompiani)
Questo libro è raccontato come una fiaba, e infatti, mi sono molto stupita quando la libraia me l’ha indicato nel reparto fantasy.
Lì per lì non ho pensato benissimo della libraia, ammetto, ma poi mi sono dovuta ricredere.
Tutto viene raccontato come se fosse solo immaginato. C’è quella delicatezza, anche nei fatti terribili, che solo una fiaba sa alleggerire fino a renderla diafana. Protagonisti delle fiabe più belle e famose sono mostri che i bambini vedono come eroi, proprio perché sono descritti come solo il mondo fiabesco sa fare.
In questo libro c’è il piccolo villaggio isolato dal mondo, il castello col suo Castellano, il Mulino con la famiglia benestante che rifornisce il villaggio di farina, la Strega che abita nel bosco e che avverte le disgrazie guardando la natura, L’Uomo Cattivo (chiamato proprio così nel testo), che una volta era un uomo, ma ha perso tutta la sua umanità macchiandosi di una grave infamia… Ci sono anche quattro angeli che si dividono le quattro zone del villaggio e che vegliano sui loro abitanti, senza intervenire. Poi un bel giorno, nessuno sa perché, men che meno gli abitanti del posto, il villaggio diventa il fronte. I tedeschi e i russi scelgono proprio quel posto per ammazzarsi a vicenda. Ovviamente in loco arrivano prima i tedeschi che letteralmente “smantellano” uno dei quartieri del villaggio, che è quello ebreo.
Immaginate l’acqua piatta e luminosa di un lago in cui cade una pietra pesante. Il disturbo è talmente tanto imponente da non risparmiare nessuno. Ancora una volta è la fiaba a restituire umanità a una storia così crudele. In questo paese c’è una donna sola, Florentynka, che diventa nonna semplicemente perché ai margini del villaggio vive una donna sola che ha bisogno di una nonna per la sua bambina e di una madre per sé. E’ il passaggio più commovente di tutto il libro a mio avviso. E’ il punto in cui, nelle fiabe conosciute, ogni bambina immagina di essere la principessa. In questo punto, ogni lettore inizia a desiderare di essere il/la nipote di Florentynka e di sedersi accanto a lei e ai suoi cagnoloni sulla Collina dei Maggiolini. Non voglio svelare troppo… ma un elemento va detto, perché è quell’importante punto di collegamento tra la fiaba e la divinità. Il castellano riceve in dono da un rabbino un “Gioco” da tavolo molto particolare, in cui il personaggio (uno unico) deve attraversare Otto Mondi per vincere. All’interno del libro viene narrata la creazione di tutti gli Otto Mondi e mano mano che si prosegue, viene la voglia di prendere carta e penna e appuntarsi le regole per poter giocare. Proprio come farebbe un bambino…
E’ bello tornare a leggere le fiabe come i bambini, datevi questa opportunità
Recensione di Rita Annecchino
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