PREMIO PULITZER 2003: MIDDLESEX, di Jeffrey Eugenides
«Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960, in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan».
Così, Calliope/Cal Stephanides riassume la propria esistenza di ermafrodito. Ma cominciamo dall’inizio: nel 1922, da Bitinio, un paesino greco assediato e messo al rogo dai turchi, due fratelli, Desdemona e Lefty, scappano e si imbarcano per l’America, dove a Detroit li attende la cugina Sourmelina, già emigrata. I due fratelli, in barba a ogni tabù sull’incesto, sono innamorati e sulla nave che li porterà in America, si sposeranno, stando attenti a non rivelare a nessuno di essere parenti.
Il loro primogenito Milton sposerà la primogenita di Sourmelina, Tessie, e i due, ignorando di essere entrambi portatori sani di una mutazione genetica, metteranno al mondo un primogenito sano e poi Calliope, la tanto desiderata figlia femmina, in apparenza sana. Nessuno si accorge dell’anomalia e Calliope cresce come una femmina. Solo in adolescenza comincerà a capire di essere diversa: non ha il ciclo, è attratta dalle ragazze, ha un fisico mascolino. Ma la predizione di nonna Desdemona, che riusciva a prevedere il sesso dei nascituri con un cucchiaino, non aveva sbagliato del tutto: lei lo aveva detto che sarebbe stato un maschio!
Il titolo è allusivo alla condizione sessuale di Calliope/Cal, ma fa riferimento al nome della moderna abitazione della famiglia Stephanides. Devo ammettere che ero piuttosto ignorante sul tema dell’ermafroditismo e che questo libro è stata una piacevole scoperta su tutti i fronti: oltre che sul fronte medico-scientifico, ho molto apprezzato lo stile narrativo, che interloquisce col lettore chiamandolo spesso in causa e facendolo sentire coinvolto. Molto ben descritta è la società che man mano si presenta alla storia e ben delineati i personaggi. Il finale riesce addirittura ad essere quasi commovente e in un contesto in cui sarebbe stato facilissimo cedere alla morbosità, al voyeurismo o alla pruriginosità, il tutto riesce a stare in piedi con equilibrio e delicatezza. Una storia originale da leggere.
Recensione di Nadia Carella
PREMIO PULITZER 2005: GILEAD Marilynne Robinson
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