PREMIO PULITZER 2011: IL TEMPO È UN BASTARDO, di Jennifer Egan (Minimum Fax)
Il tempo è proprio bastardo…trascorre implacabile e lascia segni: su alcuni fisicamente tangibili (le rughe della vecchiaia, il fisico disfatto, la malattia), su altri meno evidenti, ma altrettanto incisivi, perché trasforma gli animi, ci fa redimere o ci fa perdere, definitivamente.
Nel romanzo, questo fluire ininterrotto viene reso attraverso continui flash-back e proiezioni nel futuro, di poche righe o di molte pagine, con cui la Egan racconta le vite, o pezzi di vita, dei due protagonisti, Bennie -un imprenditore del mondo discografico- e Sasha -la sua assistente, oltre che di tutta una folta schiera di compagni di viaggio che li assistono. E infatti si viaggia, nel tempo, ma anche nello spazio (in Africa e in Italia, a Napoli), ci si inabissa (nell’alcol, nella prostituzione, nelle droghe psichedeliche), ma poi si riemerge (a volte) a nuova vita.
La vera peculiarità del romanzo sta nella sua struttura: i “pezzi” di storia vanno, di volta in volta, “riavvolti” e, mi verrebbe da dire, quasi decriptati, prima di poterli collocare nel giusto tempo e permettere di comprendere chi ci sta parlando. Oltre a ciò, le ultime pagine del libro ricorrono all’utilizzo del linguaggio degli SMS e, infine, la figlia adolescente di Sasha svela le vicende della sua famiglia attraverso una serie di slides (riprodotte nel testo) che riportano grafici con ulteriori pezzi di storia, così da capire l’approdo di Sasha quale sia, infine, stato.
Mi è piaciuto? Sì, perché è un libro decisamente sui generis. L’originalità non sta nella storia, ma proprio nel modo in cui è narrata, negli strumenti impiegati: linguistici, di registro e di costruzione (letteralmente) delle pagine. Detto ciò, non posso dire di aver letto un “capolavoro” (comunque, premiato con il Pulitzer nel 2011). Diciamo che ho apprezzato lo sforzo!
Buona lettura a tutti!!
Recensione di Flavia Mottola
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