Premio Strega 1963: LESSICO FAMIGLIARE,di Natalia Ginzburg
E’ la storia di una famiglia ebrea, fra gli anni ’30 e gli anni ’50, ambientata prevalentemente a Torino.
La storia di questa famiglia, raccontata soprattutto attraverso il suo lessico. Il gergo famigliare e le parole che uniscono.
Qual è, dopotutto, l’ambiente dove germinano le storie, ma soprattutto i personaggi? La famiglia.
La famiglia come grande contenitore di idee, speranze, emozioni, persone. La famiglia microcosmo chiuso, eppure vivo!
La famiglia ed il suo lessico.
Sublime scrittura, quella della Ginzburg, che traccia delicatamente le abitudini, gli affetti, attraverso le parole, a conferma che senza parole non esistiamo, non esistono le cose e nemmeno le idee (forse r-esistono le intuizioni).
Pensiero, intelligenza e linguaggio si evolvono insieme, questo vale a dire che chi parla male pensa male, ma ancor di più indica che sappiamo pensare solo quello che sappiamo dire. Si può aggiungere che sappiamo ricordare solo quello che le nostre parole sanno esprimere. La parola è di fatto l’architettura portante della nostra esperienza in vita.
Le parole (sempre le parole) che permettono, non solo di dare forma a cose ed emozioni, ma di ricordarle e di riconoscersi, attraverso di esse. Senza di esse tutto si sgretola.
Una scrittura, quella di questo romanzo, che ancor prima di arrivare con i suoi contenuti, arriva come musica alle orecchie (e al cuore). Un libro che, leggendolo, si ascolta.
Delicato (a tratti garbato)e commovente.
I personaggi della famiglia Levi e qualche figura che gravita intorno ad essi si affastellano in questa danza parlata e intima, dentro a questa musica gergale, riconoscendosi. Le parole (ancora le parole) creano solchi nelle memorie, lasciano tracce, rilasciano intimità.
Un vero e proprio incanto le pagine in cui la Ginzburg parla di Cesare Pavese (e della sua fine).
Apparteniamo tutti, che lo si voglia o meno, a qualcosa e la nostra aderenza/appartenenza a questo qualcosa (anche la famiglia, si), attraverso questi blocchi di tempo ingrato che sono i decenni, è legata a quello che siamo in grado di raccontare. Quello che non sappiamo dire si dimentica, svapora, finendo chissà dove.
“-Voialtri, – diceva mio padre – vi annoiate perchè non avete vita interiore.”Poche parole, come spiccioli nel palmo di una mano, che “contano” e squarciano su un’idea che prende forma per sempre.
Non si può non leggere “Lessico famigliare” (anche) perché ci racconta. Racconta la storia di ogni famiglia e del suo lessico.
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