Premio Strega 1964: L’OMBRA DELLE COLLINE, di Giovanni Arpino
Stefano abita a Roma; decide con Laura, amica e probabilmente ex amante, di intraprendere un viaggio verso il natio Piemonte dove risiede ancora l’anziano padre, colonnello dell’Esercito in pensione.
Questa rimpatriata, al vaglio dei fatti, ha una duplice valenza.
Da una parte, lo scopo apparentemente precipuo di ritrovare i luoghi di infanzia, la vecchia casa che lo ha visto nascere, l’incontro con il padre.
Dall’altro vi è una nota più intimista e personale. È l’occasione decisiva per il bilancio di una vita, anche se Stefano ricopre un ruolo professionale importante. È pervaso da lunghe e profonde riflessioni quasi di carattere filosofico, certamente congetture esistenziali ricorrenti e assillanti.
Sullo sfondo, un fatto incancellabile che segue come un’ombra il protagonista.
L’uccisione di un tedesco, a tradimento, durante la sua infanzia. Un soldato anziano che si aggirava, sbandato, solitario per le campagne. Un gesto gratuito perpetrato non si sa perché. Questo fatto è indelebile e segna profondamente la personalità di Stefano.
Nel romanzo rivive la sua vita, la rigidità prossima al sadismo del padre ufficiale, la remissività di una madre debole, le premure della domestica Caterina e i giochi di infanzia con l’amico Francesco.
Laura, pur viaggiando con lui in auto, è presenza silenziosa e tribolata nei suoi tormenti interiori.
In pratica, il romanzo, è la storia di una vita ricostruita minuziosamente con le sue luci e le sue ombre.
Durante la guerra, dopo l’armistizio dell’8 settembre, Stefano si arruola prima in un reparto fascista per poi passare ai partigiani.
Come si può notare, una personalità complessa e contraddittoria, pervasa da slanci emotivi e impulsi talora incontrollati.
L’idea del viaggio alla ricerca delle origini non è nuova in letteratura, ampiamente abusata in diversi ambiti.
L’opera è interessante per la descrizione di una campagna ancora incontaminata, per le dinamiche della vita contadina, i rapporti tra conterranei, per i luoghi di un Piemonte agreste e bucolico preservato dalla modernità.
Un po’ meno interessati sono le elucubrazioni di Stefano prossime alla nevrosi.
Quasi fosse pervaso da un’ansia autopunitiva per gli sbagli che ha commesso, per quell’uomo che non è mai stato rispetto alle aspettative dello ieratico padre colonnello.
Arpino, nei suoi romanzi, ci ha abituato a una descrizione molto più prosaica dei suoi personaggi, animati da comuni aspettative e, comunque, sempre connotati in maniera più sfumata, meno profonda e psicologicamente più solidi.
In questo caso l’esito è diverso.
Stefano è pervaso da un dramma interiore che trasmette a tutti, incapace di vincere le sue paure, rifuggendo ogni rapporto interpersonale profondo, come se vivesse in un limbo di malinconia solitaria e inconsolabile.
Tutto sommato, un romanzo triste e, a tratti, un poco disturbante per i puntigli intellettuali e le speculazioni introspettive al limite del patologico.
In ogni caso la prosa di Arpino è felice, soprattutto quando si sofferma sulla descrizione dei luoghi e sulla delineazione del terribile ma affascinante colonnello, uomo di altri tempi dal carattere ben definito e spiccatamente volitivo.
Recensione di Maurizio Favarelli
Premio Strega 1964: L’OMBRA DELLE COLLINE Giovanni Arpino
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