Premio Strega 1979: LA CHIAVE A STELLA, di Primo Levi
La volete una bella opera prima da analizzare? Anche se la risposta fosse “no”, io ho deciso di farlo lo stesso!
Primo Levi lo conosciamo per altri libri meravigliosamente terribili che hanno segnato e continuano a segnare il percorso letterario di piccoli e grandi studenti.
“La chiave a stella” è il suo primo romanzo e io mi immagino un universo parallelo in cui il buon Primo picchietti sulla spalla di Omero per dirgli: “il tuo Odisseo è una meraviglia, ma anche il mio Faussone non scherza”.
Ed è proprio così: questo libro è un lungo dialogo fra Faussone, piemontese, figlio di un fabbro del rame, e Primo Levi stesso.
Faussone esordisce dicendo all’autore che l’unico modo per girare il mondo per una persona della sua estrazione sociale è fare il “montatore”. E infatti lui è andato proprio in ogni parte del globo a montare gru e ponti. Conosce tante lingue tranne il tedesco… Suo papà durante la seconda guerra mondiale non se l’è vista bene coi tedeschi e quindi Faussone accetta di andare a montare in ogni tipo di luogo tranne che in Germania.
Un Ulisse pragmatico e reale, che ci mostra una “bella” panoramica del mondo e delle condizioni lavorative.
Un saggio molto lucido sulla nostra società, che però non è un saggio! E’ un romanzo che ha una sua collocazione precisa nel tempo e nello spazio, perché i due si trovano in quel luogo in quanto Faussone ha (ovviamente) delle gru da montare, e Primo Levi, allora ancora chimico per una azienda, ha da controllare un problema su una vernice. E’ proprio lì, grazie a questo dialogo e a tutte le considerazioni che Faussone gli dona, che Primo Levi decide che forse è ora di mettersi a scrivere.
Io mi sono appassionata a queste storie, avrei voluto che Faussone non smettesse mai di raccontare.
Questo è un romanzo che arricchisce, in tutti i sensi.
Che ne direbbe Omero di questo Ulisse? Secondo me annuirebbe soddisfatto perché, come Faussone, anche Odisseo tra tutti i sovrani Greci è quello che più si avvicina ad un comune operaio dei nostri tempi, dall’acume eccezionale e dall’enorme senso pratico.
Leggetelo, non ve ne pentirete
Recensione di Rita Annecchino
È lo stesso Levi a tracciare le corrispondenze tra il mestiere di chimico e quello di scrivere:
«L’abitudine a penetrare la materia, a volerne sapere la composizione e la struttura, a prevederne le proprietà ed il comportamento, conduce ad un insight, ad un abito mentale di concretezza e di concisione, al desiderio costante di non fermarsi alla superficie delle cose».
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