PREMIO VIAREGGIO 1947: LETTERE DAL CARCERE Antonio Gramsci

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PREMIO VIAREGGIO 1947: LETTERE DAL CARCERE, di Antonio Gramsci

 

Lettere dal carcere Antonio Gramsci
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Antonio Gramsci, (Ales, 22 gennaio 1891 – Roma, 27 aprile 1937), è considerato uno dei più importanti pensatori del secolo scorso.

La sua opera è tra le più originali della tradizione filosofica marxista; pilastro del pensiero politico italiano, restituisce al lettore contemporaneo un’analisi strutturale, culturale e politica della società dei primi decenni del ‘900. In particolare viene sviscerato il concetto di egemonia, secondo il quale le classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a tutta la società.

Gramsci è stato nel 1921 uno dei principali fondatori del Partito Comunista d’Italia, divenendone segretario e leader dal 1924 al 1927, ma nel 1926 venne arrestato dal regime fascista e rinchiuso in carcere a vita. Era l’8 novembre. Data che ricorre fra pochi giorni, fra l’altro, esattamente 93 anni fa.

Ho comprato l’edizione con la prefazione di Michela Murgia quest’estate e leggere le lettere di Antonio Gramsci è stato doloroso. La sofferenza che mi ha colto nel profondo, coinvolge la sfera privata e pubblica di un pensatore che avrebbe dovuto essere protetto, coccolato, anziché incarcerato, censurato, isolato da tutto e da tutti.

Anche i suoi amici si guardarono bene di aiutarlo a farlo uscire di prigione: il suo pensare non scomodava solo Mussolini, ma anche i suoi compagni di partito. Gli stessi familiari sentivano la sua missione scomoda e ingombrante, come si deduce dalle lettere scarse che riceveva. Infine, lui stesso non ha mai rinnegato una virgola del suo pensiero per ottenere la grazia e tornare in libertà.

Icona pop, ha esercitato il suo fascino al pari di Che Guevara, Marilyn Monroe e Marthin Luther King, dice Michela Murgia nella prefazione. Paolo Sprano conclude la sua nota introduttiva sottolineando l’attualità e la complessità del suo pensiero, studiato tantissimo soprattutto all’estero, per: «la sua vitale funzione di rinnovamento, di antidoto alla fossilizzazione e alla dogmatizzazione del marxismo».

Quando queste “Lettere” furono pubblicate nel 1947, l’emozione fu intensa. Benedetto Croce nel riconoscerne il valore, disse: «il libro appartiene anche a chi è di altro o opposto partito politico». Le” Lettere dal carcere” di Gramsci sono un’antologia di intelligenza civile italiana, che dovremmo rileggere periodicamente, per comprendere l’evoluzione della società italiana del terzo millennio e il suo scarso ‘impegno civico’.

La capacità introspettiva, analitica e dialettica che scaturisce da queste lettere, contribuisce a renderle uniche. Accompagnate sempre dalla passione, dall’amore che in Gramsci sottende ogni gesto, anche del quotidiano vivere, dove ogni minimo dettaglio non viene mai trattato superficialmente. In questa antologia sono 156 le lettere scelte fra le 428 dell’edizione integrale, la maggior parte sono scritte alla cognata Tatiana, l’unica persona che gli starà sempre accanto, l’unica che gli farà visita quando possibile.

Il senso di una vita spezzata s’inscrive nella storia di un paese sotto il fascismo, sempre però nel rispetto del proprio giudizio. La politica è lo strumento d’elezione per coniugare riflessione e azione perché prendere coscienza di un problema è già in qualche misura concorrere a risolverlo.

 

« […] anche le quistioni sentimentali mi si presentano, le vivo, in connessione con altri elementi (ideologici, filosofici, politici, ecc.) così che non saprei dire fin dove arriva il sentimento e dove comincia invece uno degli altri elementi, non saprei dire forse neppure di quale di tutti questi elementi precisamente si tratti, tanto essi sono unificati in un tutto inscindibile e di una vita unica. Forse questa è una forza; forse è anche una debolezza, perché porta ad analizzare gli altri allo stesso modo e quindi forse a trarre conclusioni errate […]». (Dalla lettera inviata alla cognata Tatiana il 19 maggio 1930). Come si evince da queste parole, Gramsci era un nobile pensatore; infatti nelle sue lettere, se si tralasciano gli elenchi di libri, di medicine e di richieste di oggetti vari, s’intravede tutta la sua energia vitale, pur ridotta, non potendo parlare di ciò che ama liberamente perché costretto dalla censura. Si scorge la sua statura morale proprio da ciò che non dice, per esempio non parla di quanto gli costi fisicamente la prigione, elenca sì, le sue malattie ma poi scrive: «ma non sto così male». Lotta costantemente per mantenere il suo pensiero lucido. Vi sono anche bellissime pagine narrative, dove Gramsci sa miscelare la sua sensibilità con il suo umorismo, la sua morale e il suo profondo bisogni di studiare. Grande traduttore, critico oltre che politico e filosofo, già ai suoi tempi si era guadagnato una fama nazionale, tanto che un compagno di carcere, quando lo vide non volle credere fosse lui: «Non può essere. Antonio Gramsci dev’essere un gigante, e non un uomo così piccolo».

I consigli de lCaffè Letterario Le Murate Firenzedi Sylvia Zanotto

 

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