PRENDITI CURA DI LEI, di Kyung-sook Shin
Un giorno, in viaggio verso Seoul per fare visita ai figli, Park So-Nyo, sessantanove anni, statura bassa, capelli grigi , scompare nel nulla, inghiottita dalla folla, mentre con il marito si appresta a salire su un treno della metropolitana.
Quale il senso della sua sparizione, malattia o fatalità ? Difficile dirlo, e poco importa,la realtà è che ora non c’è più. Da qui in ogni familiare incomincia a interrogarsi: la sorella maggiore, il fratello maggiore, la sorella minore e il padre che durante le ricerche della madre iniziano a farsi un esame di coscienza, cercano di capire se potevano fare qualcosa per evitare che si perdesse e soprattutto se davvero conoscevano la madre e a ricordarla. In questo modo scopriamo la sua storia e la storia di questa famiglia.
I figli e il marito sono smarriti, distribuiscono volantini nella speranza di trovarla, si incontrano nei luoghi dove lei soleva andare. Sembra impossibile che non ci sia, la casa non ha più significato, la cucina dove si affrettava fino a tardi per assicurare un pasto ai figli, è vuota,abbandonata.
Nessuno può più fare quello che lei faceva. Tutti impotenti davanti a cose che sembravano scontate, la sua presenza, il suo amore, il suo conforto …..
“Anche se diciamo che, vista la situazione, poteva soltanto occuparsi di noi, come abbiamo potuto considerarla soltanto “mamma” per tutta la vita? Anch’io sono madre, ma ho tanti sogni, e ricordo quando ero bambina, ragazza e donna, non ho dimenticato niente. Dunque perché da sempre vediamo nostra madre come “mamma”? Lei non ha avuto la possibilità d’inseguire i propri sogni, e ha dovuto affrontare, completamente sola, tutto ciò che le capitava, povertà e tristezze, e non ha potuto cambiare in nessun modo ciò che la vita le aveva riservato, ha potuto soltanto subire il proprio destino, e vivere la propria esistenza al meglio delle sue capacità, dedicandosi anima e corpo a quel tipo di vita. Perché non ho mai pensato neanche per un attimo ai sogni di mamma?”
Questo è un romanzo sulla mancanza e il rimpianto, sul significato della perdita di una persona cara, su tutto quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto,su tutto quello che avremmo voluto dirgli, ma distratti da altre cose che consideravamo più importanti, non abbiamo detto, soprattutto quando capiamo che ormai è troppo tardi. E’ un libro che ha il sapore dei rimorsi “Se mi fossi accorto”, ”Se avessi saputo” “Se avessi capito”.
“Per te mamma era sempre mamma. Non avevi mai pensato che anche lei un tempo aveva mosso i primi passi, che anche lei aveva avuto tre, dodici o vent’anni. Mamma era mamma. Era mamma da sempre”.
Il romanzo alla fine è abbastanza angosciante e sofferto. Tutti i personaggi si sentono inadeguati e in colpa; i figli, ormai persi nei loro problemi, comprendono di non aver capito l’importanza degli affetti per inseguire il sogno di una vita piena di comodità in città.
Quella donna è scomparsa un poco alla volta, dimenticando la gioia di essere nata, dimenticando la sua infanzia e i suoi sogni, dimenticando di essersi sposata prima di avere il primo ciclo mestruale, e di avere messo al mondo e allevato cinque figli. La donna che, se c’erano di mezzo i suoi figli, non si lasciava sorprendere o scoraggiare da nulla. Una donna che aveva sacrificato la propria vita fino al giorno della sua scomparsa. Ti paragoni a mamma, ma lei era un mondo a parte.
“Tutti hanno determinati sentimenti verso le proprie madri che non sanno esprimere. Questo libro aiuta ad identificarli”.
Sono parole dell’autrice che è stata la prima scrittrice sudcoreana e la prima donna a vincere nel 2012 il Man Asian Literary Prize.
Il libro è un inno all’amore materno ed è anche un monito ad amare le persone quando sono vive, perchè poi sarà impossibile “prendersi cura di loro”.
Recensione di Cosimo Aprile
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