QUANDO ERAVAMO ORFANI, di Kazuo Ishiguro (Einaudi)
A Shangai all’inizio del Novecento l’inglese Christopher Banks vive la sua infanzia felice in famiglia, con un padre che lavora nel commercio dell’oppio e una madre attivista dei diritti civili. All’improvviso il blackout, la scomparsa misteriosa di entrambi i genitori. Ritroviamo Banks adulto in Inghilterra, ormai celebre detective conteso dall’alta società londinese, che non ha però mai risolto il mistero della scomparsa del padre e della madre.
Romanzo bellissimo questo del premio Nobel Ishiguro, dalla trama lineare e agevole alla lettura che però lavora su più piani. Oltre ai fatti, alla narrazione della storia, c’è un livello psicologico mai disgiunto dal reale e molto profondo nell’analisi, nonostante l’asciuttezza della prosa che raramente indulge allo scarto emotivo. La svolta dell’intreccio conduce ad un finale che ci fa comprendere il senso di tutto il libro proprio nelle ultime pagine, con un finale che ovviamente non svelerò, ma che ha il sapore di un’amara considerazione universale su come gli occhi di un bambino vedono il mondo e su cosa il mondo in realtà è.
Recensione di Paola Parri
QUANDO ERAVAMO ORFANI Kazuo Ishiguro
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