QUEL CHE RESTA DEL GIORNO Kazuo Ishiguro

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QUEL CHE RESTA DEL GIORNO, di Kazuo Ishiguro

 

Quel che resta del giorno Kazuo Ishiguro Recensione UnLibro
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Recensione 1

Pubblicato nel 1989 , nello stesso anno vinse il Brooker Prize.

Nel 1993 venne realizzato il film dal regista James Ivory, magistralmente interpretato dagli attori Anthony Hopkins ed Emma Thompson, vinsero entrambi il David di Donatello.

Mister Stevens è un maggiordomo di mezza età, che lavora da moltissimo tempo presso Darlington Hall,prima al servizio di Lord Darlington, intellettuale, un po’ ambiguo, si occupa di politica manifestando idee filotedesche durante la seconda guerra mondiale. Alla sua morte subentra un giovane americano, mister Farraday, che possiede il dono dell’ironia, non molto affine alla mentalità di Stevens.

Il nuovo proprietario concede al maggiordomo una vacanza, che sfrutterà per andare a trovare l’ex governante di Darlington Hill, miss Kenton, in Cornovaglia dove risiede da quando ha famiglia. Hanno trascorso insieme molti anni ed una lettera di lei gli fa credere che voglia tornare al vecchio lavoro.

Il viaggio non sarà soltanto fisico, ma anche di ricordi di una vita, che lo porteranno a cercare di dare un senso alla sua vita.

Un’esistenza da maggiordomo, come lo era stato suo padre, ” una vita dignitosa è quella di un uomo che si identifica fino in fondo al ruolo che ha assunto, che abbraccia il suo lavoro finendo per dimenticare se stesso e agire in esclusiva conformità con i dettami della propria professione”.

Ha messo sempre da parte le sue emozioni, i suoi sentimenti, anche quelli per miss Kenton, persino quando il padre era morente, perché sapeva che lui, il padre, avrebbe voluto questo. Gli aveva insegnato ad essere un Maggiordomo con la M Maiuscola, ” i grandi maggiordomi sono grandi per la capacità che hanno di vivere all’interno del loro ruolo professionale e viverci fino alla fine, sono individui che non si fanno sconvolgere da eventi esterni, per quanto sorprendenti, allarmanti o irritanti questi possano essere. Essi portano su di sé la loro professionalità allo stesso modo in cui un vero gentiluomo porta l’abito che indossa e senza consentire ad alcuno di strapparglielo di dosso davanti a tutti, né alle circostanze. Sarà egli stesso ad abbandonarlo quando stabilirà di farlo e soltanto allora.

È una questione di dignità “.

Dopo l’incontro con miss Kenton rifletterà sulla possibilità di cambiare il suo punto di vista nel guardare indietro e di adottare una nuova prospettiva cercando di rendere migliore “quel che resta del giorno “, della sua vita.

Ci riuscirà?

” Non ci sarà mai notte così lunga da impedire al nuovo sole di sorgere “.

Recensione di Giusy Luvarà

 

Recensione 2

Nulla resta del giorno per il maggiordomo Stevens. All’inizio ci conquista e quasi ci sentiamo in colpa per non essere come lui: dignitoso, attento, rigoroso, perfetto. Versione maschile di Mary Poppins ma senza magia e quindi più credibile. L’immedesimazione è immediata e ne usciamo elevati, se stiamo leggendo un po’ storti sul divano correggiamo la postura e sul suo edificante esempio anche noi ci ricomponiamo e cerchiamo di darci un tono.

Poi qualcosa si incrina e la sua perfezione vacilla. Indifferente alla morte del padre, qualche nota maniacale e, forse, siamo ancora disposti a passarci sopra e a sentirci, attraverso di lui, orgogliosi di una tradizione di cui ci piace essere parte. La sua mancanza di criticità nei confronti del padrone attivo sostenitore del nazismo, beh quel passaggio ci mette seriamente in crisi: questo Stevens è autorevole? forse non quanto avevamo creduto nelle prime pagine.

 

 

Ma è solo nel finale che l’autore ci spiazza. Noi con il magone per la sua vita non vissuta, per il rifiuto senza esitazione alcuna di quell’ultima occasione offertagli dal destino su un piatto d’argento – com’è nel suo stile – di uscire da quegli schemi assurdi per vivere pienamente, mentre lui impassibile prosegue lungo quel vicolo cieco indifferente a tutto e quasi vorremmo trasmettergli il nostro pathos e convincerlo a cambiar rotta ma non è possibile. Lui non è umano.

E l’autore se la ride di fronte al nostro spaesamento. Ci siete cascati ah ah, sembra trasmetterci beffardo con i suoi occhi a mandorla indubbiamente vincenti: credete nel nulla e ancora non ve ne eravate accorti.

 

E non appena abbandoniamo il fantoccio Stevens lungo una strada di obbedienza al nulla della cui impraticabilità lo sguardo lucido di Ishiguro ci ha reso consapevoli, ecco che ci ritroviamo di nuovo spalle curve e chiusi in noi stessi a fare i conti con il nostro maggiordomo interiore e a riflettere su ciò che in parte siamo ma che forse non dovremmo essere. In questo magnifico libro accanto alla storia c’è un invito, quello ad abbandonare la religione di cui Stevens rappresenta il più fedele dei sacerdoti e proprio per questo è impossibile non credergli.

Ci ritroviamo costretti a guardare avanti, se vogliamo ritrovare la dignità necessaria per essere pienamente umani: quella del passato è perduta per sempre. Mr. Stevens rappresenta il nostro tramonto, quel tramonto con cui sapientemente si conclude il libro.

A volte ho pensato che questo fosse il miglior romanzo del secolo scorso, ma non li ho letti tutti

Recensione di Eleonora Ferilli

Titolo presente nelle 10 Recensioni più cliccate del 2018 

Titolo presente nella Rassegna dei libri più letti e commentati di Marzo 2020

 

QUEL CHE RESTA DEL GIORNO Kazuo Ishiguro

 

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