QUELLA COSA INTORNO AL COLLO, di Chimamanda Ngozi Adichie
Un’autrice ha una storia da raccontare, e gli strumenti giusti per farlo.
Una delle storie riguarda una ragazza nigeriana che frequenta l’università negli Stati Uniti e, tra altre cose, conosce per la prima volta la discriminazione verso i neri. Un’altra storia racconta della leggenda secondo cui “ormai le donne hanno raggiunto la parità”. Non sono trame di due racconti della raccolta appena uscita per Einaudi, bensì spunti tratti dai Ted talk tenuti da Adichie nel 2008 (The danger of a single story) e nel 2011 (We shoul all be feminists, che è diventato un libricino pubblicato da Einaudi, Dovremmo essere tutti femministi); sono temi che attraversano l’intera sua opera.
Adichie è così nota e “cult”, oltre che pluripremiata, negli States, da essere citata da Beyoncé e in una puntata dei Simpson. È difficile incasellare questa “femminista felice” (sua definizione) che ama la moda, questa donna che da bambina, in Nigeria, leggeva grandi libri e grandi autori e che ora scrive le sue storie in un inglese essenziale ed evocativo; una splendida scrittura “nordamericana”, ma Adichie non parla di storie americane: racconta di donne e di uomini in Africa, e nel mondo, mettendo a nudo creature del potere come razzismo e maschilismo. Lo fa in maniera forte, impossibile da fraintendere, e riesce a confondere anche intellettuali che tacciano le sue storie come “poco africane”.
Dopo romanzi come Metà di un sole giallo, L’ibisco viola e Americanah, con i racconti di Quella cosa intorno al collo (2009) Adichie propone un universo di mondi e relazioni complesso, variegato e in continua evoluzione.
Evoluzione che non esclude il ritorno, come le protagoniste di alcuni suoi racconti e come la stessa Adichie, che vive tra il Maryland e Lagos, “una metropoli di quasi venti milioni di abitanti, con più energia creativa di Londra e più spirito imprenditoriale di New York”*.
* da un’intervista del 2015 su D Repubblica.
Recensione di Malvina Cagna (Libreria Trebisonda TO)
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