RACCONTI DEL TERRORE Edgar Allan Poe

RACCONTI DEL TERRORE, di Edgar Allan Poe (Mondadori)

“.. una barca mi raccolse, sfinito dalla stanchezza e (ora che il pericolo era passato) ammutolito dal ricordo dei suoi orrori. Coloro che mi avevano preso a bordo erano i miei vecchi compagni d’ogni giorno, ma non mi riconobbero più di quel che non avrebbero riconosciuto uno che tornava dal mondo degli spiriti. I miei capelli che il giorno avanti erano neri come ala di corvo, erano diventati bianchi come li vedete ora..”

Questo è un frammento tra i più significativi di “Una discesa nel Maelstrom”, uno dei racconti apice di questa magnifica raccolta tradotta in questa versione datata da Delfino Cinelli ed Elio Vittorini.

Prima che Stephen King mettesse piedi in questo mondo e prima che la moderna cinematografia del genere pescasse a piene mani della stessa opera che ora tengo in mano, Edgar Allan Poe si pose come baluardo antesignano di questo scuro quanto affascinante genere.

Se riuscissimo a fare un distillato delle paure umane ,dell’ orrore da loro scatenato e degli istinti più malsani, questa raccolta ne sarebbe il degno contenitore.

Io leggo il “Pozzo e il pendolo” e vedo vaghi lampi trasdotti nella celeberrima saga di Saw.. altresì con “L’uomo della folla” e “Il cuore rivelatore” mi tuffo nelle atmosfere tanto care a Carpenter (“Il seme della follia”) e di rimando a Lovecraft.

Il tema della morte e della follia, estremamente concatenate, aleggia costantemente in tutto il volume, e il retrogusto gotico di alcuni racconti non fa che aumentarne il fascino ai miei occhi.

Ad ogni modo le oltre 300 pagine di questa raccolta , non sono tutte in discesa: i momenti di pura estetica e minuzia , il volersi dilungare ostinatamente a volte su dettagli vari e quindi la prolissità, fanno dei “Racconti del terrore” un lettura non semplicissima, ma a bilanciare il tutto ci sono una manciata di racconti che ogni amante del genere dovrebbe leggere almeno una volta (“La verità sul caso di mister Valdemar” è letteralmente agghiacciante).

Recensione di Marco Tarda

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