RAGAZZI E LETTURA: un compito difficile?
Ho letto un post su questo gruppo. Si chiedeva consiglio su titoli contemporanei da proporre ai ragazzini delle medie, con la precisazione di non indicare titoli di classici, perché è raro che possano essere apprezzati dai ragazzini e dai ragazzi di oggi. Il suddetto post mi ha stimolato una riflessione — sarà che sto leggendo “Perché leggere i classici” di Italo Calvino, ma non posso tenerla per me.
Il mio timore è che l’intento — giusto, per carità — di fare appassionare i più giovani alla lettura possa pregiudicare, in qualche misura, ciò che la scuola non deve rifiutarsi di insegnare. E il fatto che si proponga il nuovo agli studenti, scartando il classico, anziché puntare sulle modalità innovative di comunicarlo, ne è la conferma.
Si parla di necessità di svecchiare la scuola per renderla un’istituzione a misura delle esigenze delle nuove generazioni; ma se il senso di questa auspicata riforma si traducesse nella resa totale degli insegnanti di fronte al tentativo di inculcare i classici, quale verrebbe ad essere il contenuto più umano degli insegnamenti? Calvino afferma, tra le tante cose, che i classici, come tutti i libri, si dimenticano. Quello che, tuttavia, non si dimentica è il metro di bellezza, sono gli schemi valoriali che questi libri — e solamente questi libri — hanno il potere di trascinarsi dietro, nella loro immutabilità, attraverso i secoli; e che finiscono per entrare nel lettore e plasmarlo, anche se questi non se ne rende conto nell’immediato.
Perseverare nel tentativo di trasmettere i classici alle nuove generazioni significa, a mio avviso, sentirsi responsabili del loro spessore, soprattutto umano. Mi sento pertanto di consigliare, ad esempio per gli undicenni, i libri di Mino Milani. In particolare proporrei “La storia di Ulisse e Argo” che, con un’ottima prosa, racconta l’Odissea dal punto di vista del cane di Ulisse e questa prospettiva inedita può risultare interessante (è un titolo che personalmente ho proposto ad un ragazzino di undici anni per invitarlo alla lettura, di cui non è amante; e devo dire che gli è piaciuto). Io non sono un’insegnante, sono solamente una lettrice giovane che non ha ancora compreso pienamente il valore dei “suoi” classici, perché forse dovrebbe individuare i suoi preferiti al fine di poterli rileggere, ma, in verità, ne ha ancora troppi da leggere. Agli insegnanti chiedo solamente di non arrendersi.
“…non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore. Tranne che a scuola: la scuola deve farti conoscere bene o male un certo numero di classici tra i quali (o in riferimento ai quali) tu potrai in seguito riconoscere i tuoi classici. La scuola è tenuta a darti degli strumenti per esercitare una scelta; ma le scelte che contano sono quelle che avvengono fuori e dopo ogni scuola”
(da “Perché leggere i classici” di Italo Calvino).
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