RAGAZZO, di Massimo Fini (Feltrinelli)
Forse perché della fatal quiete traccia l’imago, questo libello di Massimo Fini non ha avuto molta risonanza.
Come poi la maggioranza dei suoi scritti. Che non sono strettamente libri di letteratura, ma che dalla letteratura (così come dalla vita vissuta) traggono nutrimento.
Fini è un paria, uno che sta sulle scatole a tutti.
Destrorso, anarcoide, snob, intellettuale? Difficile ridurlo entro schemi: sguscia via da ogni classificazione come un’anguilla sui banconi del mercato.
Leggi un paragrafo e vi trovi espresso un pensiero conservatore, poi però passi al paragrafo successivo ed invece ecco una considerazione progressista. Poi uno slancio poetico, poi una ostentata dichiarazione di iper-cinismo.
Quello che è certo è che l’autore non rinuncia mai a sbandierare il proprio (e il nostro) diritto alla libertà di pensiero. Al non conformismo, al non (supino) allineamento.
Checchè se ne dica è anche questo un esercizio di democrazia, oltre che un esercizio di intelletto. Poi, svolta questa fortificante ginnastica, ciascuno se ne può tornare alla propria opinione su qualsiasi argomento, però intanto ha fatto un po’ di allungamento dei muscoli del cervello.
In questo libro, Ragazzo, l’autore parla di gioventù ma soprattutto di vecchiaia.
È una sapida riflessione sulla morte e sull’età che la precede, presentendone l’afrore come un’ombra.
Pescando a piene mani dal pensiero di autori classici, latini e greci, ma anche da pensatori meno antichi e più prossimi alla nostra contemporaneità, citando versi di poesie e canzoni, riportando aneddoti del proprio passato di giornalista milanese a stretto contatto di gomito con onorevoli anziani come Giorgio Bocca, Montanelli, la Fallaci e molti altri, l’autore traccia un ritratto della nostra società dei consumi (e dell’eterna giovinezza) che non è certamente accomodante.
Ma che offre a chi voglia scomodarsi molti spunti di riflessione.
RAGAZZO – Massimo Fini
Di Marcello Ferrara Corbari
Commenta per primo