RIMEMBRI ANCORA Perché amare da grandi le poesie studiate a scuola Paolo Di Paolo

RIMEMBRI ANCORA. Perché amare da grandi le poesie studiate a scuola, di Paolo Di Paolo (Il Mulino – ottobre 2024)

C’è un passaggio di “Rimembri ancora. Perché amare da grandi le poesie studiate a scuola” che mi ha profondamente emozionato. Lo ha evidenziato anche Giuseppe Quaranta , all’indomani della pubblicazione del libro.

Racconta di una telefonata con Andrea Zanzotto. Il liceo che Di Paolo frequenta ha indetto un concorso di poesia e lo studente telefona a casa del poeta per cercare di ottenere un suo messaggio, un augurio, una piccola testimonianza. Il premio è stato intitolato a un docente del liceo, da poco scomparso.

Il poeta si allontana dalla cornetta per andare a chiudere una finestra: è entrata un’ape poco prima e l’ha punto sul dito, mentre lavorava ad una prefazione alla raccolta di tutte le poesie di Hölderlin.

«Non so come devo interpretare questo ingresso dell’ape dalla finestra, e come considerare la puntura sul dito» – riprende a dire il poeta – «se è in qualche modo un segno che arriva direttamente da Hölderlin, un segno di fastidio. Magari è un tentativo di farmi capire che non approva quello che sto scrivendo. In fondo, i morti hanno i loro mezzi per farsi vivi con noi. Questo vale anche per il vostro professore. Vorrei dirle questo, ho sempre creduto in quella che Montale chiama la tenace ganga che aggrega i vivi e i morti».

Giura Di Paolo di aver sentito il rumore della sedia, mentre il poeta si alza per andare a chiudere la finestra. I suoi passi lenti.

Questa risonanza di passi, di parole pronunciate al telefono e che risuonano vive dopo decenni, questa vibrazione nell’animo del giovane studente, mi emoziona fortemente, fino alle soglie della commozione.

Ancor più emozionante è ritrovare l’adulto Di Paolo, poche righe dopo, alle prese con il testo a cui Zanzotto stava lavorando nel momento in cui il telefono squillava. Racconta, quel testo, del primo incontro con la poesia di Hölderlin, quando Zanzotto aveva diciassette anni. La stessa età del giovane studente di liceo che gli avrebbe telefonato, molti anni dopo.

Un libro che «cerca di riattivare, rielettrificare qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto inerte» , come racconta l’autore nel corso della prima presentazione, all’ombra delle Due Torri.

Le poesie che abbiamo studiato a scuola e ciò che possiamo (ri)scoprire leggendole da adulti, alla luce delle nostre esperienze, il modo in cui ancora ci parlano: le risonanze e le vibrazioni che attraversano i corridoi del tempo e che risuonano, vive, “come nel primo, o nell’ultimo, mattino del mondo”.

Paolo Di Paolo

“Rimembri ancora. Perché amare da grandi le poesie studiate a scuola”

Il Mulino.

Recensione di Valerio Scarcia

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