RÍO QUIBÚ, di Ronaldo Menéndez (Fazi)
È una Cuba cupa e difficile quella raccontata da Menéndez in questo romanzo. Ma di fatto, di facile a Cuba nella realtà forse c’è stato e c’è ancora poco o nulla. Siamo sulle rive del Quibù,fiume o demarcazione, come cita il nostro autore, ” che solca come una vergognosa arteria una parte della capitale, e le sue acque sono una secrezione che esce silenziosamente da enormi tubature sotterranee..”.
Sulle rive del Quibù “si allineano contro un crinale di fango nero le case di legno nero dove vivono molte famiglie nere”. È in questo contesto che viene raccontata la storia di Julia che non si piega alla volontà di un Generele, anzi IL Generale con la G maiuscola perché, come dice lei stessa non vuole andare a letto con la storia del suo paese, anche se il suo paese concepisce la donna come un oggetto sessuale pronta a vendersi o a concedersi senza alcun ritegno. Dall’altra parte c’è Junior, figlio di Julia, adolescente pieno di speranze e con la voglia di lottare sia per il suo paese sia per la verità e per cercare di vendicare la madre conoscerà il lato oscuro di Cuba che sono proprio le rive dei Quibù e dei cadaveri che inghiotte, o meglio dei resti di chi prima è stato inghiottito da qualcun altro, imparando la dura realtà di quelle che fino a poco prima erano state per lui solo favole. Ma la realtà sarà dura da affrontare perché il male ha molte facce e non sempre sono quelle che ci aspettiamo.
Tra un realismo magico percettibile ma non esagerato e la realtà della storia di Cuba che, dopo avere letto questo romanzo, voglio sicuramente approfondire, Menéndez traccia una fotografia cupa e di nessuna speranza, come diremmo noi “maiunagioia” che fa riflettere anche il lettore più cinico.
” Dicono che il Generale è morto…L’uomo può essere distrutto, ma non sconfitto… con i piedi ben piantati per terra ti diciamo , Generale, la Storia ormai ti assolve, le tue conquiste non saranno mai scippate. Silenzio. È uscito il sole e in tutta l’isola è silenzio. Non è possibile calcolare la profondità del silenzio prodotto dalla notizia, come se la terra si fosse svuotata dell’aria. Nessun suono; né quello dell’asma né del battito dei cuori; come se si arrestasse il suono stesso della coscienza…L’unica cosa che si può affermare con chiarezza è questa unanime sensazione di orfanilità. Come se avessimo fatto un salto nel vuoto e il paracadute non si fosse aperto.”
Così scrive Menéndez, una prosa a mio avviso poetica che mi ha affascinato!
Ps. Ci ho messo un mese per riuscire scrivere due parole di questo libro. Ho dovuto metabolizzare un attimo.
Recensione di Mila Frazzoni
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