SANGUE FREDDO, di Robert Bryndza (Newton Compton Editori – novembre 2021)
Dopo l’esperienza non spettacolare recensita la scorsa settimana in merito a un’opera dello stesso autore, ho voluto comunque leggere questo romanzo perché appartiene a un’altra saga. Il personaggio principale, la detective Erika Foster, mi aveva lasciato un buon ricordo quando l’avevo letta per la prima volta e quindi, seppur con qualche dubbio, ho iniziato la lettura. Posso dire che, rispetto a “La casa nella nebbia” di cui ho parlato pochi giorni fa, questo è proprio tutto un altro livello.
Ma andiamo per ordine: il titolo è (incredibilmente) la fedele traduzione dell’originale, e Newton un-grande-thriller Compton lascia all’immagine della copertina, un’ennesima ragazza che annega, il ruolo del “non c’entra nulla”.
Per quanto riguarda il comparto strettamente tecnico parliamo di un volume di circa 340 pagine, con la storia, come da abitudine dell’autore, divisa in capitoli raccontati al classico passato remoto con la terza persona. Di solito ogni capitolo “segue” alternativamente un personaggio, ma in questo libro non è raro trovare prosecuzioni, ma anche salti temporali avanti e indietro, e anche il “diario” di uno dei personaggi.
Lo stile è estremamente scorrevole con descrizioni dei luoghi ridotte all’essenziale, e anche l’approfondimento psicologico si limita al minimo sindacale. Non disturba, perlomeno per i miei gusti, anche perché questo è tutt’altro che un thriller psicologico, quindi tutto bene. Quello che invece a me è piaciuto poco è un uso forse un po’ troppo disinvolto del linguaggio informale, e leggere “fiondare” un numero imprecisato di volte mi ha fatto a tratti storcere il naso. Ripeto, gusto mio, opinione mia.
Ho apprezzato molto, invece, la quasi assenza dei cliché. Si vede che Bryndza aveva finito la scorta con l’altro libro, perché qui, a parte qualcosa di appena accennato, non ci sono sceneggiature trite e ritrite viste ovunque.
Per quanto riguarda la storia, benché ci sia qua e là qualche buchetto logico, regge bene ed è interessante perché segue un’evoluzione che si discosta in parte da quella tipica dei thriller, e incuriosisce il lettore perché ci si comincia a domandare molto presto come l’autore ne uscirà fuori.
Piccola nota: “Sangue freddo” è il quinto capitolo della saga dedicata ad Erika Foster, e sebbene non ci siano particolari controindicazioni iniziando da questo (alcune dinamiche e alcuni nomi non verrebbero capiti, si svela il finale del precedente, ma nulla di grave), consiglio a chi non la conosce di approcciare l’opera partendo dal primo e proseguendo in ordine. Per la cronaca, la sequenza è: “La donna di ghiaccio”, “La vittima perfetta”, “La ragazza nell’acqua”, e “Ultimo respiro”. Sul gruppo troverete le relative recensioni che scrissi illo tempore.
Un dettaglio che salta agli occhi di chi ha seguito tutta la saga è che si nota una certa “accelerazione” nella crudezza di alcune scene. Niente di trascendentale, certo, ma quel piccolo retrogusto di “vorrei ma non mi oso” che permeava gli episodi precedenti, qui non c’è.
La storia, in estrema sintesi, riguarda la scoperta nel Tamigi di una valigia contenente un uomo smembrato. Durante le indagini Erika scopre un precedente di un paio di settimane prima: una valigia contenente una donna smembrata. E mentre comincia a tirare i fili della matassa, è costretta al riposo da un’aggressione. Il killer però non si ferma, e la conta delle vittime continua a salire. E, naturalmente, tende al peggio.
Lettura non particolarmente impegnativa, ma avvincente e piacevole al punto giusto.
Recensione di Mitia Bertani
SANGUE FREDDO Robert Bryndza
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