SCARAFAGGI, di Jo Nesbø
Recensione 1
Sono giunta al 37esimo anno di vita senza aver mai letto nulla di questo autore. Ora ne sono felice: se lo avessi incontrato prima, tutti i romanzi noir, thriller e simili che avevo classificato come brutti, sarebbero stati semplicemente illeggibili.
Pochi, pochissimi altri romanzi o autori possono reggere il confronto con Nesbø
Scarafaggi non è solo ben scritto, è quasi perfetto nella gestione della trama, dei personaggi e della suspense, nonché maniacale nella cura delle indagini.
Sarei tentata di definirlo un capolavoro del suo genere, e probabilmente lo è: devo solo farmi una ragione di aver atteso così a lungo prima di convincermi a leggerlo.
Non sono una fan degli autori nordeuropei: spesso li trovo eccessivamente prolissi, ossessionati dai flash back e dai contesti storici, autocelebrativi nella loro vasta cultura sociale, politica o finanziaria. In poche parole noiosi.
Nesbø è un’eccellente eccezione ai miei pregiudizi. Inserisce con grande armonia all’interno della trama la vastità delle sue conoscenze socio-politiche senza mai risultare pedante. Le indagini sono svolte con meticolosa credibilità e i personaggi, seppur non esenti da aspetti anche evidentemente stereotipati, hanno una loro tridimensionalità.
Credo sia uno dei pochi romanzi di questo genere in cui l’indagine non si accompagna alla redenzione del protagonista attraverso una storia d’amore. Sono una fan delle storie d’amore, ma in Scarafaggi non ne ho sentito la mancanza. Non c’era posto in questo romanzo. Giusto una scappatella di 10 minuti, nemmeno particolarmente ben riuscita, il cui unico scopo è quello di inquadrare meglio il personaggio e la sua condizione emotiva.
La trama: omicidio dell’ambasciatore norvegese in un bordello di Bangkok. Il caso va gestito più che risolto: il contesto della morte va insabbiata per evitare scandali. Se possibile si trova anche l’assassino, se non è possibile, amen.
Harry Hole viene incaricato di seguire il caso e, mezzo ubriaco, si imbarca per la Thailandia.
Ad accompagnarlo nelle indagini sarà l’agente Liz, una donna dura ma molto preparata.
Nell’afosa, caotica e sovrapopolata Bangkok, Harry procederà con una poco convincente cautela nel caso, impastando le mani in una miscela di reati: corruzione, pedofilia, truffa e, ovviamente, omicidio.
Il ruolo di Harry sarebbe quello di fare il meno possibile, ma la sua vocazione di poliziotto ha la meglio sulla sua dipendenza dall’alcool, sulla pressione politica e sull’afa insopportabile della Thailandia. Non si gode la vacanza e sceglie di lavorare, sebbene gli ordini più o meno espliciti siano di fare l’esatto contrario.
I personaggi: Harry Hole è un uomo semi distrutto ma, non avendo letto Pipistrelli (primo volume) ne ho solo intuito le cause. Ad ogni modo non mi pare nulla di eccessivamente originale: la sua amata è stata assassinata, si sente in colpa, affonda nell’alcool. A peggiorare la situazione una sorella con la sindrome di Down vittima di uno stupro senza colpevole. Harry ha perso molto ma si comporta come se non avesse più nulla da perdere, sebbene tra le due condizioni ci sia una differenza importante. Non è il primo personaggio nel suo genere: il talento di Nesbø non sta nella costruzione del protagonista, quanto nella costruzione delle indagini.
Liz: personaggio decisamente meno inflazionato . Una donna preparata in un mondo di uomini che riceve e dà rispetto ai colleghi. Conosce le regole non scritte della politica thailandese e l’influenza che queste hanno sul suo lavoro, e si destreggia egregiamente nello svolgimento del caso pur senza pestare troppi piedi. Un’alleata fondamentale per Harry, sia dal punto di vista umano che professionale. Una donna che vive per il suo lavoro e, almeno apparentemente, non cede alle frequenti lusinghe che offre la corruzione thailandese. Nonostante questo, sa mantenere il suo posto di lavoro. Liz è volgare, non sa stare composta a un tavolo, è calva, rutta con la stessa frequenza con cui parla, eppure indossa la gonna sopra le Nike: io l’adoro.
Bangkok: sì, anche questa città fa parte dei protagonisti. Da scarafaggi scaturisce un impietoso ritratto della capitale thailandese. Sebbene Harry giunga alla conclusione che gli abitanti autoctoni siano assai più degni di rispetto degli stranieri trapiantati, l’ombra costante della pedofilia e del turismo sessuale offusca le molteplici possibilità di riscatto che questo Paese offre alla sua popolazione. Nelle strade trafficate della città serpeggia non solo un traffico inquinante e privo di regole, ma anche una frustrante corruzione e un’inattaccabile tendenza alla perdizione e al vizio (principalmente a vantaggio degli stranieri). Eppure i Thailandesi sono una popolazione orgogliosa e fedelmente affezionata a molte delle sue tradizioni.
Nutro qualche perplessità sulla molla che fa scattare l’intero epilogo. Harry è artefice della carneficina finale: la sua leggerezza dopo un’indagine così complessa mi sembra una gran forzatura data in sacrificio a un finale alla Bruce Willis.
Perdonabile, ma solo perché tutto il resto è davvero ampiamente sopra la media, al limite del capolavoro.
Adoro anche il titolo e il significato metaforico suggerito nel corso del romanzo. Davvero ben riuscito.
Un romanzo che consiglio caldamente.
Sto proseguendo con Il pettirosso e, a pagina 100, posso dire che è all’altezza di Scarafaggi ma che sento nostalgia di Liz e di Bangkok.
Recensione di Giulia Baroni
Recensione 2
Harry Hole è a Bangkok per affiancare i poliziotti locali nell’indagine sull’omicidio di un diplomatico norvegese ucciso in un bordello. Ma come gli scarafaggi che brulicano nella sua stanza, così i personaggi coinvolti nel caso sembrano moltiplicarsi all’infinito.
Né la famiglia dell’ambasciatore morto, né le autorità di Oslo, e tanto meno la polizia locale, sembrano disposti a collaborare. E Harry si ritrova da solo con la sua ombra, in una città dove il frastuono del traffico infuria ventiquattro ore su ventiquattro, l’umidità si taglia con il coltello e la calca ti si appiccica addosso.
“”Inspirò il fumo spingendolo per bene nei polmoni, lo trattenne fino a quando fu sul punto di esplodere e poi, finalmente, apparve lei. Era in piedi sulla porta della veranda, con il sole che le illuminava una parte del viso. Due passi e si nell’aria, nera e leggermente curva dalla pianta dei piedi alla punta delle dita, un arco gentile che con lentezza infinita incrinava la superficie dell’acqua in un dolce bacio e scendeva sempre di più, finché l’acqua si richiuse sopra di lei.
Alcune bollicine salirono a galla, si sentì lo sciabordio leggero di una minuscola onda che si infrangeva sul bordo della piscina. Poi si fece silenzio e l’acqua verde rifletté nuovamente il cielo, come se lei non fosse mai esistita. “
Purtroppo, con questo autore non sono partita nel modo giusto a suo tempo, poiché ho fatto una cosa che di norma non è da me, dato che io amo l’ordine nella lettura seguendone la cronologia. Ho letto Il pipistrello (primo libro della serie con Harry Hole) e poi Polizia, saltando tutta una serie di libri e di conseguenza, una grandissima fetta di storia personale di questo personaggio. Ma adesso, a distanza di anni, ho deciso di riprendere i libri di Nesbø in mano, con l’intento, un po’ alla volta, di recuperare.
Harry è un altro personaggio che non riuscirò a dimenticare e che per fortuna, mi farà compagnia ancora per molto tempo. È tenace e testardo, anche se ha sempre un’aura di debolezza che lo avvolge e alla quale cerca di resistere. Risulta simpatico e le sue battute talvolta fanno sorridere. La sua sensibilità è un qualcosa che ti colpisce, tanto più quando ti rendi conto che questo suo dono, lo porta ad essere in continua difficoltà e lo costringe a lottare letteralmente con le unghie e con i denti, per resistere al nemico più grande, ovvero sé stesso. È una “spugna” (aggettivo che non vuole assolutamente offenderlo) che assorbe tutti i mali delle persone a lui vicine e che, si lascia travolgere dagli eventi, non riuscendo a rimanerne indifferente.
Purtroppo, tutto ciò ha un prezzo. L’unico modo che lui conosce, o meglio ormai che il suo fisico riconosce, per annullarsi almeno in parte nelle ore più lunghe, quelle della notte dove non dormire porta a galla solamente ricordi e tutto ciò che lui vuole dimenticare è l’alcol.
“Era stato in quel momento che si era afflosciato del tutto, che si era lasciato andare e poi aveva ricominciato a sognare. E lui conosceva soltanto un modo per tenere lontani i sogni.”
Ma questo nuovo caso, in una città lontana da tutto potrebbe rivelarsi la svolta, forse. La Thailandia, questo luogo pieno di mistero, di colori, di odori, ma anche con uno stile assolutamente diverso dalla Norvegia, e sicuramente con regole al limite dell’accettabile lo accoglieranno con una doppia faccia: potrebbe essere infatti una nuova occasione o una disfatta definitiva.
Un caso ambiguo, invischiante e una realtà sociale che per noi occidentali è inimmaginabile.
La trama è molto ben orchestrata, vi è azione, vi è mistero, c’è un’indagine con continui colpi di scena che mi hanno tenuta incollata al libro con la curiosità di sapere quale fosse la verità, che solo nelle ultime pagine verrà esplicitata per bocca di Harry, il quale dipanerà questa matassa così complessa come in un giallo di Agatha Christie. Ma risolvere il caso a parole è ben diverso dal chiuderlo definitivamente, per cui io sono arrivata alla fine con un’angoscia crescente, dato che a 9 pagine dal termine ancora non sapevo in che modo si sarebbe messo un punto su tutto e a che prezzo.
Ormai posso ammetterlo, temo proprio di essere entrata anche io nel fan club di Harry, pur avendolo ripreso in mano da
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