SCAVARE, di Giovanni Bitetto (Italo Svevo)
“Sancito il momento di massima unione, non restava che accompagnare il progressivo sgretolamento, l’allontanamento graduale, giorno dopo giorno, millesimale e inevitabile, di due coscienze simbiotiche, due vite parallele, eppure in antitesi”.
‘Scavare’ è la storia di una dipendenza affettiva, di un’amicizia simbiotica e conflittuale dalla quale traspare il conflitto idealista ed eterno tra letteratura e filosofia. Dietro ogni amicizia si nasconde sempre una rivalità e l’ambizione può consumare l’amicizia. Un romanzo intimistico di memorie, ricordi e biografismo.
Giovanni Bitetto è una giovane, audace e ricercata voce pugliese. Leggere Scavare violando anche fisicamente le pagine del libro (una peculiarità delle Incursioni delle edizioni Italo Svevo) ha dato un valore aggiunto a questo romanzo così amaro e introspettivo. Sono entrata fisicamente nelle pagine per poter entrare in questo periglioso rapporto di amicizia fatto di confronto, condivisione, dolore e dismissione.
Due amici provenienti dalla provincia pugliese entrambi impegnati nella rimozione del dolore fisico e di quello derivato dai disagi familiari e dai soprusi del territorio di origine, fuggono per rifugiarsi nell’ambiente accademico bolognese “Eravamo giovani e ci appigliavamo alle scialuppe che ci sembravano più sicure per affrontare le nostre mareggiate personali”. Due giovani bisognosi l’uno dell’altro nella rabbia e nel silenzio.
Una sola voce narrante che prende spunto dall’improvvisa scomparsa dell’accademico amico filosofo ‘Sai, amico, quando ho saputo ella tua dipartita non sono rimasto sorpreso. … Ho appreso la notizia con la consapevolezza che donano gli anni di lontananza … Così, seduto sul divano, evoco la tua presenza. Ecco allora che dalla fossa in cui giaci si irradia la tua immagine’.
Dalla fossa affiora dopo l’assopimento dovuto agli anni, la memoria, quella che dà voce torbida ai sentimenti contrastanti sempre esistiti “Sono due le azioni che può compiere l’uomo: scavare nel proprio animo o seppellirsi nelle cose del mondo.”
E qui, l’Io narrante sceglie e sceglie di Scavare anche nella sua metà ideale e il racconto si fa soliloquio “Amico, so bene che hai scandagliato la mia lacerazione, individuato i poli del mio conflitto: due vettori che vanno in senso inverso fra l’ansia borghese di accettazione e la concezione edonistica del nichilismo”.
Così il romanzo si fa opera di coscienza, di acquisizione di consapevolezza, un vaneggiamento su tutto quanto ha definito e formato l’essere di un uomo “Ho capito molto presto che la scrittura è menzogna, poi l’ho dimenticato”. Lui che da borghese ha prodotto un testo di attacco politico e che ancora gli permette un guadagno è sempre a confronto con l’altro celebrato nel mondo accademico, irraggiungibile sia emotivamente che socialmente.
La filosofia è distante dal mondo e dalle cose. La sua, una vita fatta di compromessi somatizzati.
Scavando in prima persona si familiarizza con le cicatrici … ”perché tentare la carta del si va avanti, perché affermare di voler dimenticare se si rimane imprigionati per sempre nel ricordo? … la sconfitta sta nel passato, la vittoria nei giorni futuri … l’accettazione è fuoco che arde, il rancore perenne è caos insoluto.”
L’irreparabilità della morte conduce l’uomo a non vivere in un regime di fatti o guerra fredda, la quiete è melassa ma rimanda solo lo scontro finale “Non si può procrastinare all’infinito, prima o poi bisogna lottare, cadere, prima o poi la vita reclama un perdente”.
La negazione è solo una parola sensuale.
Consigliato.
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