SE AVESSI AVUTO GLI OCCHI NERI, di Gianfranco Sorge
Inizi del 1900: Siamo a Troina, Sicilia, un paesello a 1.120 metri dal livello del mare. Qui nasce Stella, una bimba serena dagli strepitosi occhi azzurri, limpidi come il cielo terso di una frizzante giornata di sole.
Conosciamo Sebastiano, uomo tutto d’un prezzo, prepotente, manesco e supponente, dai profondi occhi neri, che di Stella ne farà “un granello di sabbia fuggito da una clessidra in frantumi”.
In questo paesino dalle case raggruppate nell’altura come se fossero pezzi delicati di una composizione natalizia, respiriamo l’aria inquinata dai pregiudizi, dall’ onore fanatico, delle arcaiche tradizioni, veri e propri tabù che sopravvivono nel piccolo borgo anche agli orrori della guerra e alla bellezza della natura.
Anni 1960: siamo tra Catania e Milano. Santa, figlia di Stella e Sebastiano, lotta per l’emancipazione femminile in questi anni di ribellione e libertà, una “figlia dei fiori”. Ha gli stessi intensi occhi neri del padre, profondi e determinati.
Anni 80: Catania/Milano/Londra. Qui si muove Melissa, nome di una nuova tormentata identità, sorella di Santa.
Lei ha gli occhi della madre, Stella, due gemme incastonate che brillano in un volto ancora da definire.
E, come uno strano maleficio, per quei splendidi occhi che il mare invidia, subisce le stesse umiliazioni e sofferenze che, per essere “femmina”, in un guazzabuglio di sentimenti contrastanti, la madre ha sopportato negli anni della sua negata giovinezza
Anno 2000 Aurelia…
Generazioni a confronto con un unico indelebile denominatore: “Amare significa evitare inutili sofferenze a chi si ama”.
Perché, nel cerchio potente della famiglia che distrugge e ricostruisce dalle macerie, i ricordi filtrano con cura ciò che di buono rimane in quella saggezza popolare, spesso urticante, tramandata nel tempo.
Con “Se avessi avuto gli occhi neri” l’autore, conoscitore della sua terra e dei tempi, con una narrazione schietta, ma non priva di scene viscerali soprattutto quando il dolore raggiunge il suo apice, ci regala un affresco della Sicilia dai primi del novecento a oggi, esplora la condizione delle donne siciliane, l’evolversi della famiglia, i mutamenti della società. Un viaggio alla ricerca di identità negate, della propria verità e del difficile percorso per accettarsi ed essere accettati.
(Ognuno di noi è “The Fountainhead)
È un romanzo interessante? Si, lo è
“Per il bene della tua famiglia devi sopportare. Le donne sono le artefici dell’unione familiare, gli angeli del focolare. Offri questo tuo sacrificio a Gesù” Le disse il prete al termine di una lunga e sofferta confessione.
…Dio come poteva permettere ciò ”
Recensione di Patrizia Zara
SE AVESSI AVUTO GLI OCCHI NERI Gianfranco Sorge
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