Seconda Lezione da Calvino, la rapidità: L’ALEPH, di Jorge Luis Borges (Adelphi)
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L’ALEPH
Jorge Luis Borges
Seconda Lezione Americana, La rapidità
“Io sono stato Omero; tra breve, sarò Nessuno, come Ulisse; tra breve, sarò tutti; sarò morto”
Alla seconda lezione americana di Calvino ho abbinato Borges…non ho fatto la scoperta del secolo, lo ammetto. Borges, a detta di Italo è “il maestro dello scrivere breve” e quindi perfettamente calzante con la Rapidità calviniana.
Ho affrontato la lettura dell’Aleph quasi con soggezione, timore, ansia…eh sì, perché Borges è decisamente nell’Olimpo dei grandi scrittori del Novecento, scrittore complesso, intellettuale di sterminata cultura, poeta pensoso e raffinato da una parte, e un senex eternamente puer, fragile e non vedente dall’altra.
L’Aleph è il titolo della sua più famosa raccolta di racconti, insieme a Finzioni.
L’Aleph è il racconto che chiude la raccolta, raccolta che ha come titolo L’Aleph che termina con il racconto intitolato L’Aleph, e via così all’infinito…l’inizio e la fine, l’alfa e l’omega del suo pensiero, della sua visione del mondo, del tempo, della memoria, della realtà, dell’uomo.
Diciassette racconti, alcuni anche solo di una pagina, potenti, deflagranti, incisivi, lucidi, cristallini.
Non c’è sperimentazione, Borges non gioca con il linguaggio; gioca con le immagini, con le visioni, con le percezioni, con i diversi piani della realtà, con lo specchio, il doppio, il labirinto, il sogno.
Tutti espedienti necessari per rappresentare ciò che è reale e ciò che non lo è. Sono soglie che portano ad una riflessione personale. Sono mezzi attraverso i quali la realtà si riflette per innumerevoli volte, si ricrea, si approfondisce, si replica, si duplica e nel duplicarsi introduce un elemento di diversità e di mistero.
Ogni racconto è una rilettura del mondo che porta a infinite ricostruzioni, a tante possibilità di interpretazione, tante quante sono i lettori di un libro.
Ho capito alla fine dell’ultimo racconto, l’Aleph, che non si può pensare di capire Borges, non è possibile mettere ordine tra i vari livelli di realtà che descrive, una stessa sequenza di eventi oggettivi può essere letta in diversi modi tutti legittimi e tutti giusti.
Grazie a Jorge ho compreso che tutto dipende dall’angolazione con cui si legge la realtà.
E’ stata una lettura attiva, Borges richiede un lettore attento, curioso, coraggioso, volenteroso, che non ha paura di fare ricerca, di andare oltre le parole, di confrontarsi con altri lettori, di leggere anche a voce alta, laddove il testo risulta più complesso. Basti vedere le citazioni iniziali: l’Amleto di Shakespeare e Il Leviatano di Hobbes, non tradotte ma lasciate in inglese…con Borges non c’è pappa pronta…ci deve essere sforzo perché lo sforzo presuppone un approfondimento e quindi una maggior comprensione, un’introspezione, un lavoro anche su sé stessi.
Dove sta la rapidità di Calvino? Non certo nella velocità di lettura…Per Calvino rapidità non vuol dire affrettarsi, correre, sbrigarsi.
La velocità è data dal ritmo della scrittura, dall’incalzare degli avvenimenti che si incatenano l’un l’altro, dall’intuizione istantanea che appena formulata assume la definitività di ciò che non poteva essere altrimenti.
Nei racconti dell’Aleph la rapidità sta nel trarre conclusioni universali da un particolare.
E allora ho trovato la rapidità in un racconto dove il protagonista è morto ancora prima che la sua storia inizi;
l’ho trovata in uno spazio bianco tra due paragrafi, una sorta di silenzio che dà senso a tutta una storia;
l’ho trovata in pochissime pagine che raccontano la storia sociale di un’intera nazione.
E l’ho trovata nella visione improvvisa e repentina dell’Aleph, il punto che contiene tutti i punti, “il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli”
“Nella vita pratica il tempo è una ricchezza di cui siamo avari; in letteratura, il tempo è una ricchezza di cui disporre con agio e distacco”
Buona lettura!
Di Cristina Costa
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