Siamo i libri che leggiamo? No.
I libri sono noi quando li leggiamo.
In ogni caso è una straordinaria interazione.
CUORI IN ATLANTIDE, di Stephen King
Lessi Cuori in Atlantide circa 20 anni fa e non mi aveva lasciato molto: un vago senso di delusione (ero in cerca del King che annichilisce con la paura, quello che dà vita ai mostri sotto il letto, quello dei salti sulla sedia) e un vago senso di inquietudine per la percezione di aver mancato un messaggio, di non aver colto qualcosa di importante.
Accade, quando la tua vita procede in una certa direzione e il tuo sguardo nella nebbia è fisso sulla riga bianca di mezzeria. Forse poi la destinazione la raggiungi ma non ti abbandona mai la percezione che durante il percorso qualcosa di importante ti fosse sfuggito e rileggere il libro è come rifare il percorso a mente libera e con una visibilità più nitida.
Oggi credo di poter dire che Cuori in Atlantide sia il libro di Stephen King che mi è più caro.
È un libro coraggioso in cui l’autore ripercorre la sua vita e insieme quella di una intera generazione. (Che poi è la mia, che ho solo sei anni meno del nostro) Come sempre, in postfazione lui nega i luoghi e i personaggi ma il suo pensiero, il punto di vista è meravigliosamente il suo, quello di uno che è stato bambino negli anni 50, che in quel decennio ha perso l’innocenza ma non la speranza. Un bambino alle prese con la caduta del mito della madre, che comincia a non piacergli ma che non può smettere d’amare, un bambino confuso tra il fare come dice sua madre ed esserne amato e l’impulso di fare la cosa giusta e amare qualcuno al di fuori del suo piccolo recinto, un bambino coraggioso ma non abbastanza da sacrificare se stesso seguendo il proprio empito di libertà e giustizia.
Gli anni successivi sono stati testimoni di un afflato di cambiamento che ha percorso il pianeta da un punto agli antipodi (il terra piattismo era di là venire!) e la mia generazione, in un modo o nell’altro, è saltata su quel Atlantide, che si sia inabissato o meno, ha comunque squassato il mondo e i suoi abitanti per due decenni.
In quegli anni, in cui lavorare sodo per la propria istruzione non era lo strumento per il coronamento del sogno americano ma un modo per non andare a morire in Vietnam, stordirsi la mente divenne imperativo per chi si trovasse a dibattersi nel dilemma, alcol, droga o gioco di carte oppure condivisione, ribellione, sovvertimento.
Poi l’Atlantide è sprofondata.
«Dunque, vediamo. Noi siamo la generazione che ha inventato i Super Mario Brothers, gli ATV, i sistemi di guida laser per i missili e il crack. Noi abbiamo scoperto Richard Simmons, Scott Peck e il Martha Stewart Living. Noi abbiamo mollato Eldridge Cleaver per Eddie Murphy. Il nostro concetto di clamoroso mutamento nello stile di vita è l’acquisto di un cane.
Le ragazze che bruciavano il reggiseno ora comprano lingerie Victoria’s Secret e i ragazzi che scopavano impavidi per la pace sono ora dei grassoni seduti a notte fonda davanti allo schermo dei loro computer a menarsi il pistolino mentre guardano foto di diciottenni nude via Internet.
Così siamo noi, fratello, a noi piace guardare. Film, videogame, spezzoni di inseguimenti di automobili dal vivo, scazzottate al Jerry Springer Show, Mark McGwire, World Federation Wrestling, udienze per l’impeachment, a noi non importa, a noi piace solo guardare. Ma c’è stato un tempo… non ridere, ma c’è stato un tempo in cui avevamo davvero tutto nelle nostre mani. Lo sai questo?»
Sì, per un momento abbiamo avuto tutto nelle nostre mani e ce lo siamo lasciato scivolare come bambini che han sempre le tasche bucate e tutto perdono.
A noi resta appena il ricordo di aver sentito sulla pelle quel vento di cambiamento: della musica, del cinema, la letteratura, l’arte, la cultura.
Eravamo convinti che l’amore ci avrebbe salvato anche a costo di sangue e dolore. L’emozione che tutto il mondo, nello stesso momento, una generazione è stata scossa dallo stesso fremito e ha pensato di poter cambiare tutto è stata potente e ci ha dato l’illusione di aver trovato un senso.
Ai nostri figli nemmeno quello.
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