SNOW CRASH, di Neal Stephenson
Un mondo nel quale le organizzazioni commerciali hanno preso il controllo politico e amministrativo del pianeta e tutto è commerciabile, ruota intorno all’efficienza del servizio di consegne: così, in strade ingorgate fino all’inverosimile e su skateboard ultra-tecnologici, si muovono i korrieri, pronti ad usare il loro arpione magnetico per sfruttare la scia di altri mezzi e battere sul tempo le società avversarie, mentre ai margini vivono personaggi come Hiro Protagonist, fattorino per la Cosa Nostra Pizza, che nasconde una seconda vita da hacker e una non comune abilità con la katana.
Il palcoscenico prediletto della pirateria informatica di Hiro è il Metaverso, una realtà virtuale organizzata come una sorta di enorme sistema operativo al quale si accede mediante una trasformazione in software e nel quale si agisce sotto forma di avatar: per caso, Hiro scopre che nel Metaverso si sta diffondendo un virus travestito da potente droga, letale tanto per i computer quanto per le menti di chi lo contrae.
Cercando di contrastare la diffusione del virus, Hiro scopre che il problema va molto al di là delle sue competenze informatiche e che la globalizzazione è un fenomeno contro il quale c’è chi combatte da millenni e non gradisce ficcanaso.
Se William Gibson, padre del cyberpunk, avesse disegnato cartoni animati, probabilmente il risultato sarebbe stato molto simile a Snow Crash, esagerato romanzo d’azione nel quale i personaggi volano sugli skateboard, indossano avveniristiche corazze e sconfiggono i nemici con la spada, dove si può “tirare una cassaforte in testa a un tizio” (un premio a chi riconosce la citazione), dove i cattivi hanno bombe atomiche installate nel cervello e buona parte della trama si articola in inseguimenti e sparatorie spettacolari.
Il romanzo di Stephenson deve tanto alla concezione letteraria di Gibson quanto all’immaginario adolescenziale degli anni 80, da poco terminati ai tempi della sua prima pubblicazione, in un tentativo di esplorazione e fusione sistematica degli elementi che quell’immaginario hanno formato, secondo una tecnica narrativa che, da L’incanto del Lotto 49 di Pynchon in poi, ha posto le basi del romanzo postmoderno americano.
La visione politica e sociale del romanzo, però, pur affondando le sue radici nella sua controparte reale, il mondo travolto dalla Caduta del Muro di Berlino, dallo scoppio della Guerra dei Balcani e dal trionfo del liberismo di matrice Reaganiana, sul quale si aprono scenari sinistramente simili a quelli che fronteggiamo oggi nell’iper-tecnologico XXI secolo: qui il romanzo di Stephenson svolta da divertente parodia di un decennio, a lucida analisi dei meccanismi sociali ed economici che quel decennio ha innescato: l’ossessione per la sicurezza, garantita attraverso orribili cani cibernetici, insieme a quella per la velocità delle consegne perché tutto può essere acquistato e spedito, il bisogno di evasione che si fa sempre più estremo, al punto da richiedere l’invenzione di una realtà parallela (una nuova versione dell’universo virtuale di Gibson) ma quando un virus, sotto forma di droga, mette in comunicazione i due mondi, cade anche l’ultimo muro e la realtà descritta nel romanzo si trasforma in una iper-realtà nella quale elementi virtuali e concreti si mescolano senza poter più essere distinti e rivelando sgradevoli aspetti degli uni e degli altri.
Tornando alla trama, purtroppo la parte più convenzionale e debole del romanzo, il protagonista scopre che lo scenario da incubo aperto dal metavirus che dà il titolo al romanzo era già stato affrontato in passato, come a dire che il rischio di una globalizzazione selvaggia c’è sempre stato, è insito nella storia dell’umanità proprio come un virus latente e che si può ritardare, si può arginare, ma è destinato a ripresentarsi periodicamente e ci vorrà sempre un eroe che vi si opporrà.
Snow Crash è una lettura diseguale, va detto: le scene di azione e il gioco delle citazioni non sono bilanciate al meglio con le parti nozionistiche che frenano bruscamente il ritmo e lasciano sovente il lettore nel dubbio se stia leggendo un romanzo di fantascienza, la sceneggiatura di un corto Warner Bros o stia assistendo a una lezione di archeologia; affascinante fino a metà romanzo, il procedimento stanca in seguito, eppure ritengo Snow Crash una lettura imperdibile per almeno due categorie di lettori: gli amanti della fantascienza e del filone cyberpunk e i cultori del romanzo post moderno: in entrambi i casi Snow Crash costituisce una pietra miliare, destinata a generare epigoni su epigoni. Mi farete sapere.
Recensione di Valentina Leoni
Titolo presente nella Rassegna mensile dei libri più letti e commentati di Marzo 2020
Be the first to comment