SO MUCH LONGING IN SO LITTLE SPACE: The art of Edvard Munch, di karl ove knausgard
Essere un grande narratore, a quanto pare aiuta anche a trovare la forma giusta per un’esposizione d’arte.
A Oslo, al Munch Museet, dal 6 maggio al 8 ottobre 2017, è stata allestita la mostra “Towards the Forest – Knausgard on Munch” in cui l’autore ha guidato i visitatori dall’esterno all’interno dell’animo del famoso pittore… e poi fuori di nuovo.
Quattro stanze: nella prima l’armonia, il sole e la quiete delle persone che ne sono illuminate; nella seconda paesaggi che si svuotano della presenza umana; nella terza stanza il Munch più introspettivo, con figure frammentante, non finite, rozze e infine, nella quarta stanza, usciamo di nuovo all’esterno, con una serie di ritratti di persone che Munch aveva conosciuto.
Un modo originale per raccontare la storia di Munch sotto un punto di vista nuovo, anche perché Knausgård parte dal presupposto che dipinti come “L’Urlo” o “La donna vampiro” sono TROPPO famosi. E anche se li vediamo per la prima volta dal vivo sappiamo già cosa dobbiamo pensare in merito.
È possibile invece vedere dei quadri di Munch come se fosse la prima volta che sentiamo parlare dell’artista?
Questo libro non è una sorta di catalogo di questa mostra, assolutamente no, è invece un bel saggio su un pittore che ha avuto una lunga vita e che è difficile racchiudere in un’unico stile o movimento pittorico… Ma la parte sulla nascita del progetto della mostra mi ha colpito particolarmente perché mostra allo stesso tempo sia il lavoro e la passione di un uomo che si fa trasportare dall’amore per l’arte, sia la vita e le opere del pittore, con occhi nuovi e con più punti di vista: non solo quello dell’autore ma anche di altri artisti che ha avuto occasione di intervistare in merito.
Oltre a questo, parla un po’ anche di scrittura, che è la sua arte; sul modo in cui la si percepisce, come si percepisce il mondo che ci circonda… e come Munch abbia dato una svolta al modo di ritrarre la realtà, passando dal diffuso naturalismo a una sorte di via di mezzo tra l’espressionismo e il simbolismo che mostra l’essenziale con forza, quasi con violenza.
Più che “cose” dipinge delle emozioni. Diventa iconico perché riesce a catturare l’essenza dell’essere umano.
Knausgård analizza alcune opere mostrandoci le diverse fasi artistiche di Munch, ma anche i motivi che lo portavano a certe scelte, con interessanti parallelismi anche in Letteratura: dall’influenza e somiglianza per certi versi con Dostoevsky (anche lui non dava troppo peso alle descrizioni dei luoghi, ma voleva arrivare dritto al punto, a quello che gli bruciava dentro), al rapporto con lo scrittore Knut Hamsun che viveva a Oslo nello stesso periodo e che a sua volta con “Fame” ha rivoluzionato la scrittura dell’epoca, stringendo la prospettiva allo stremo del singolo individuo.
Insomma, non avevo dubbi, ma Karl Ove mi è piaciuto molto anche come saggista.
Spero traducano presto questo volumetto anche in italiano, ma per chi vuole, anche in inglese non è di difficile lettura.
Recensione di Monica De Giudici
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