SOLDATI DI SALAMINA, di Javier Cercas (Guanda)
Che nesso c’è fra un’antica battaglia vinta da pochi ateniesi contro molti persiani e la guerra civile spagnola? Uno dei primi falangisti soleva dire che la civiltà viene sempre salvata da un drappello di soldati. Inizialmente indigesta, questa frase finirà per avere un senso anche agli occhi della parte opposta. Non lo stesso senso, ovviamente.
Il volume, che narra una storia vera per esplicita dichiarazione dell’autore, è tripartito: la prima sezione narra della ricerca giornalistica, da parte dello scrittore, presso i superstiti della guerra. La seconda racconta la storia centrale: l’avventurosa fuga dalla fucilazione di uno dei primi falangisti, scrittore anche lui, bravo ma non grande, che viene inspiegabilmente graziato da un giovane nemico. La terza è il frutto di una conversazione apparentemente casuale di Cercas con Roberto Bolaño, che gli narrerà vicende poetiche eppur verosimili, che infine troveranno una loro collocazione nella vicenda principale.
Il testo riflette su cosa sia un eroe: pone domande e fornisce parziali risposte. A cosa pensava il ragazzo repubblicano che rifiutò di denunciare non semplicemente un nemico, ma uno dei principali ideologi del fascismo spagnolo? Perché lo fece? Ci sarà una risposta ma probabilmente non quella che il lettore si attende.
A livello letterario si può segnalare il narratore inattendibile. Il lettore è più volte colto dal dubbio che alcune coincidenze suscitano. Bolaño, autore di storie esagerate, ha consigliato apertamente all’autore di mentire perché il libro funzioni, questi, da parte sua tende a dichiararsi più giornalista che scrittore, ma è spesso preoccupato riguardo alla riuscita dell’opera. È tutto vero? Sicuramente non è tutto falso e certamente l’importanza di questo libro non sta nella veridicità dei dettagli, ma nelle riflessioni che il testo riesce a suscitare
Recensione di Maria Cristina D’Amato
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