SOTTO IL VULCANO, di Malcolm Lowry
Recensione 1
Oggi parlerò con voi di un romanzo che considero tra le letture più impegnative e difficili da me intraprese, che mi ha richiesto molto tempo per la sua metabolizzazione.
Il console inglese Geoffrey Firmin trascina una miserabile esistenza di alcolista in un remoto angolo del Messico, stretto tra due vulcani che incombono sul villaggio dove il protagonista vive in una villa in rovina, ufficialmente sollevato dal suo incarico per la rottura dei rapporti diplomatici tra Gran Bretagna e Messico; un giorno riceve la vista della ex moglie, della quale è ancora innamorato nonostante conosca la sua infedeltà e del fratello, entrambi intenzionati a scuotere Geoffrey dal suo distruttivo torpore. Il libro racconta una sola, lunga, interminabile giornata della vita dei tre, quando decidono di fare una gita alle pendici di uno dei due vulcani.
Romanzo dal fascino ipnotico, animato da un palpabile senso di disperazione Sotto il Vulcano si basa, prevalentemente sulle psicologie dei personaggi, lasciando che da esse si intuisca la trama principale: Geoffrey Firmin è un uomo oppresso da sensi di colpa a causa di un episodio della sua giovinezza e di nostalgia per i suoi trascorsi da marinaio, sentimenti che si trasformano nei suoi personali demoni, incarnati dall’alcolismo; il fratello Hugh, idealista e animato da fieri sentimenti rivoluzionari ma del tutto privo di senso pratico; Yvonne, creatura istintuale e terrena, incapace di seguire il marito lungo il suo sentiero di dolore.
L’intreccio vero e proprio è misero e anche difficile da seguire attraverso il delirio alcolico del protagonista che racconta la sua avventura “sotto il vulcano” in modo simile a quello con Dante raccontava la sua discesa nei gironi infernali, solo che ai personaggi di Lowry mancano sia una guida sia la fede nel Paradiso alla fine delle tribolazioni: la prosa sontuosa e ricca dello scrittore inglese racconta anche una voglia di fuga, un desiderio di avventure e la malinconia del rimpianto, il tutto condensato in un caos letterario che in più occasioni si può essere tentati di abbandonare per l’oggettiva asprezza di questo cammino narrativo.
Se però si tiene duro e in qualche modo ci si orienta tra suggestioni cinematografiche, musicali (il jazz delle origine appariva altrettanto caotico ai primi ascoltatori) e rimandi letterari a Conrad, Melville – ma sicuramente me ne sono perso qualcuno – il romanzo appare avere una sua unità se lo si legge come allegoria politica: i vulcani che incombono sul villaggio hanno una sinistra aura di ineluttabilità e rimandano al clima di angoscia e preoccupazione che precedette lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il cui spettro è sovente evocato dalle parole di Hugh, da poco tornato dalla sua esperienza in Spagna, mentre la perenne ubriachezza di Geoffrey è emblema della follia che pervade il mondo e presto trasformerà il mondo da Eden a deserto, come accaduto nel giardino della villa del Console, invaso da sterpaglie e rovi.
Lo stile e la concezione letteraria di Lowry affondano le radici nel “modernismo” che vede come principale riferimento l’Ulisse di Joyce e diversi sono i punti di contatto tra i due romanzi: l’ambientazione in una sola giornata, la dilatazione del tempo narrativo, la narrazione spezzata e il suo fluire attraverso gli stati d’animo; il romanzo di Lowry, benché meno noto al grande pubblico, è uno dei massimi capolavori della letteratura inglese del XX secolo ma la sua lettura è oggettivamente impegnativa e da consigliare esclusivamente a quei lettori che abbiano una solida esperienza con testi difficili e siano armati di pazienza e impegno.
Recensione di Valentina Leoni
Recensione 2
(supporto: audiolibro. Letto da Massimo Popolizio)
Qualche tempo fa un membro di questo gruppo chiese più o meno: “leggo solo recensioni positive, possibile che tutti i libri che leggete vi piacciano?”
Ecco, a me questa storia non è piaciuta per niente. I lati positivi sono la scrittura molto ricercata e non banale ed essendo un audiolibro, merita una menzione speciale la bravura dell’attore Massimo Popolizio nel leggere e interpretare il testo (forse è il motivo per cui non l’ho abbandonato), per il resto l’ho trovato un testo difficilissimo, faticoso e confusionario.
La storia è quella del Console britannico Jeoffrey Firmin, e si svolge in una città messicana all’ombra del Vulcano Popocatepetl, in un solo giorno, il 2 novembre, il giorno dei morti, ed anche il giorno della morte del protagonista (non è spoiler, l’informazione viene data subito, nel primo capitolo).
In quel giorno la sua ex moglie, Ivonne, lo raggiunge dopo una separazione. Arriva anche il fratello del Console, col quale Ivonne ha avuto una storia. Il resto è molto confuso, si capisce che il Console e Ivonne sono ancora innamorati, ma non è chiaro perché non riescano a parlarsi, a stare da soli, facendo invece molte cose di cui non si capisce la ragione.
Come in quei sogni in cui devi fare una cosa, ma ti ritrovi sempre a fare tutt’altro. Anche il finale, che dovrebbe essere forse drammatico, diventa irritante e confusionario. Il tutto in mezzo a fiumi e fiumi di Mescal.
(So che è considerato un grande romanzo, sicuramente è un mio limite il non averlo apprezzato. Se c’è qualche estimatore sarei curiosa si conoscere il suo parere)
Recensione di Monica Lozzi
SOTTO IL VULCANO Malcolm Lowry
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