SOTTO LA FALCE, di Jesmyn Ward (NN Editore – luglio 2021)
Un libro impressionante.
La questione afroamericana raccontata con semplicità, precisione, chiarezza. Un memoriale della storia familiare di questa autrice, Jasmine Ward, classe 1977, nata e cresciuta nella periferia nera di una cittadina del Mississippi. Un omaggio a quattro amici di infanzia e a suo fratello minore, tutti venuti a mancare in circostanze tragiche, poco più o poco meno che ventenni: chi per overdose, chi assassinato, chi per suicidio.
Essere nero negli Stati del Sud significa ancora questo. Perdersi, spacciare, morire giovane se sei maschio; ammazzarsi di lavoro, incupirsi, preoccuparsi continuamente se sei femmina. Significa vivere con un senso di oppressione, nella povertà e nella mancanza di servizi essenziali, nell’assenza di istruzione adeguata e di ascensori sociali che permettano non dico di migliorare la propria posizione, ma anche solo di sperarci.
Nella così detta “democrazia più grande del mondo” ecco che abbiamo città perdute, interi quartieri popolati di zombie e generazioni di giovani stordite, strafatte di crack. Ecco, questa è l’immagine che ho trovato più terribile… e impressionante.
È un romanzo duro ma commovente, ancora di più con l’omaggio finale al fratello e con quello inaspettato a George Floyd, l’uomo che fu ucciso per soffocamento da un agente bianco.
E al marito. Perché il marito (il mio Amore) di Jasmine Ward morì nel gennaio del 2020…di covid, signori miei.
Aveva 33 anni.
Chiudendo il libro resta l’eco di queste esperienze, di queste persone che sono vissute e hanno toccato il nostro stesso mondo e la vita dell’autrice, tutte quante accomunate da un destino tragico ed estremamente cinico mi viene da dire, con questo filo conduttore malevolo, diverso ma così simile, che ha risuonato dentro di me per giorni.
I can’t breathe…
I can’t breathe…
I can’t breathe…
Recensione di Nicoletta Tamanini
SOTTO LA FALCE Jesmyn Ward
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