SPLENDI COME VITA – DOVE NON MI HAI PORTATA Maria Grazia Calandrone

SPLENDI COME VITA – DOVE NON MI HAI PORTATA, di Maria Grazia Calandrone  (Einaudi – 2024)

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Maria Grazia Calandrone è nata da una relazione tra Lucia Galante e Giuseppe Di Pietro, due persone legalmente perseguitate nella società degli anni 60 perché entrambi erano sposati con altri. Dopo averla abbandonata a Villa Borghese, i genitori, sopraffatti dalla disperazione e dall’impossibilità di crescere la bambina, si tolsero la vita. Maria Grazia venne successivamente adottata da Giacomo e Consolazione Calandrone, una coppia di insegnanti comunisti, che le offrirono una nuova vita.

Maria Grazia Calandrone, nei suoi due libri “Splendi come vita” e “Dove non mi hai portata”, celebra le sue due madri, offrendo riflessioni profonde sull’amore e il sacrificio che entrambe hanno compiuto per il suo futuro.

In “Splendi come vita”, Calandrone narra la sua complessa relazione con la madre adottiva, Consolazione, il cui amore inizia a incrinarsi dopo la rivelazione prematura dell’adozione. Questo libro esplora come l’autrice, nonostante il distacco emotivo che si genera, continui a nutrire un profondo amore per la madre, riconoscendo con il tempo le sue sofferenze e il suo essere donna, non solo madre.

“Dove non mi hai portata” si concentra invece sulla figura della madre biologica, Lucia, e sul suo doloroso ma calcolato piano per assicurare alla figlia un futuro migliore. Lucia, consapevole della propria impossibilità di garantire un’esistenza stabile e sicura, decide di abbandonare la neonata in modo che altre persone possano prendersi cura di lei. Questo sacrificio, doloroso ma necessario secondo la visione della madre, si realizza: Maria Grazia viene adottata e cresce in un ambiente che, pur complesso, le offre una vita emancipata e piena di opportunità, culminando nella sua affermazione come scrittrice. Attraverso la narrazione, l’autrice riconosce che la decisione di Lucia era finalizzata a darle una vita migliore, un atto di amore estremo che ha portato Maria Grazia a comprendere la vera portata di quel gesto.

Entrambe le opere riflettono un profondo bisogno di riconciliazione e amore verso le figure materne, che in modi diversi, hanno plasmato la donna e l’artista che Maria Grazia è diventata

Di Ornella Troise

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