STALINGRADO, di Vassilij Grossman (Adelphi – aprile 2022)
Ho terminato i questi giorni la lettura di un libro “monumentale” straordinario…
STALINGRADO di Vasilij Grossman
“Stalingrado” è, a mio parere, un romanzo eccezionale capace di rapire l’attenzione del lettore dalla prima pagina come pochi. L’apertura del libro, a pensarci bene dopo averlo finito, non può che essere epica e struggente così come ce la presenta Grossman: un contadino di un paesino sperduto della Russia, indurito dalle fatiche della vita quotidiana, riceve una lettera: la chiamata alle armi. Forse un romanzo di guerra russo non poteva che iniziare così.
Il primo aspetto che colpisce di “Stalingrado” è come molti dei luoghi citati siano gli stessi che abbiamo sentito e continuiamo a sentir citare nel corso di questi 11 mesi sanguinosi: Kiev, dove nel 1941 l’Armata Rossa ha subito una gigantesca sconfitta a opera della Wermacht tedesca in quella che viene considerata la più grande battaglia di accerchiamento della storia militare. Odessa, dove nell’ottobre del 1941 le SS, con la fattiva collaborazione degli alleati rumeni, sterminarono più di 30.000 ebrei residenti nella città. Kharkov, città ucraina dove si svolsero ben quattro sanguinose battaglie tra il 1941 e il 1943 e che passò più volte di mano tra nazisti e sovietici. Poi Sebastopoli, con il suo assedio e la sua resistenza, e tanti altri luoghi ancora.
L’opera di Grossman, che ha inizio nei mesi precedenti l’arrivo dei tedeschi sul Volga dopo la grande offensiva dell’estate ’42 (e dopo che Mosca non era caduta nel dicembre ’41), è un potentissimo romanzo corale, capace di dare parola a personaggi diversissimi sia per estrazione sociale che per cultura, carattere e storia personale: ognuno si esprime con un registro linguistico diverso. Grossman raccoglie in pieno l’eredità di un gigante della letteratura russa come Lev Tolstoj e del suo “Guerra e pace”.
In questa dimensione corale ogni personaggio, anche il più piccolo e insignificante (solo come esempio penso al barcaiolo che trasporta Krymov, al termine del romanzo, da una sponda all’altra del Volga), trova il suo spazio e la sua dignità.
Grossman con la sua scrittura fa provare spesso al lettore la compassione per tanti dei suoi personaggi, anche quelli moralmente peggiori, nello stesso tempo sorprende però l’asciuttezza con cui ne racconta la morte in poche righe. Senza fronzoli o poesia, nessun suono di violini in sottofondo. La morte in guerra ha assai poco di quel romanticismo a cui in tanti ci hanno abituato.
Sarebbe impossibile per me, dopo un percorso tanto denso, soffermarmi su questo o quel personaggio, su questa o quella situazione, ma sono fermamente convinto che “Stalingrado” sia un romanzo assolutamente da leggere nel corso della vita, ancor più in questi tempi particolarmente difficili.
Ora un po’ di riposo e… letture alternative… prima di ritornare a Grossman e al proseguimento della storia con “Vita e destino”.
Recensione di Marco Ruzza
Aprile ’42, i tedeschi avanzano in Unione Sovietica e Stalingrado è sotto attacco tedesco.
Grossman narra la guerra che lui conosce bene, perché la vive in prima persona e in prima linea e la narra attraverso gli occhi e le parole del popolo russo che lui ama profondamente. Al popolo e ai suoi sacrifici e al suo eroismo, lo scrittore dedica pagine splendide, indimenticabili, che mai scadono nella retorica, neppure quando accenna alla grandezza del comunismo, perché quello che prevale è il tratto umano che permea tutto il libro.
Di Maria Teresa Leone
STALINGRADO Vassilij Grossman
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