STORIA DI ÁSTA Jón Kalman Stefánsson

STORIA DI ÁSTA, di Jón Kalman Stefánsson (Iperborea)

“…I lettori assidui, soprattutto le donne, sono più aperti degli altri ai dolori della vita. La letteratura li rende più sensibili…

Non è facile parlare di “Storia di Ásta” di Jón Kalman Stefánsson. Un romanzo che scorre su diversi piani narrativi, che si muove nello spazio con rimandi al passato e poi salta di nuovo avanti. Si sbroglia e si riaggroviglia. E lo fa per voci diverse: quella di Ásta , quella di Sigvaldi, di Jòsef, di Helga, quella di altri protagonisti, e quella dello scrittore stesso. A volte con dialoghi, altre volte con ricordi o addirittura con delle lettere.

Un romanzo corale nello spazio e nel tempo. Dall’Islanda alla Norvegia, fino a Vienna o Praga. Tra i Fiordi e le aurore boreali o in città. Nel romanzo mi è capitato di perdermi, di dover trovare una soluzione ad un rompicapo o dover ricomporre un puzzle.

 

 

…che cos’è l’amore – e come lo misuriamo, se non con il dolore dell’assenza?

Quello che di certo mi ha catturato subito dalla prima pagina è il motivo per cui Ásta è stata chiamata così dai genitori: nel romanzo si fa riferimento molte volte ad uno dei miei libri del cuore, “Gente indipendente” di Halldór Laxness (Nobel per la letteratura) e alla protagonista di quel libro, Ásta Sóllilja. Così l’ho amata subito.

Ma Ásta (che in islandese significa amore) è un personaggio da amare? È un personaggio che si fa amare? Ha fatto molte scelte nella vita, quante giuste? Quante sbagliate? E chi deve giudicare se giuste o sbagliate?

Un libro pieno di inquietudine e di altrettanta poesia, che va letto piano, prendendosi delle pause. Con un sottofondo musicale di Nina Simone, che canta Since i feel for you o Leonard Cohen che fanno da colonna sonora alla storia e ti trasportano lì, in questo racconto pieno di dolore, di sensi di colpa, di tentativi di vita e ricerca di felicità.

 

 

 

Scrivere è lottare contro la morte

Non è un libro facile, forse. Lascia qualche perplessità, ma di certo è bello e va letto. Del resto Stefánsson lo scive subito, in prima pagina: “Cominciamo dall’inizio… Reykjavìk, all’inizio degli anni Cinquanta dello scorso secolo, e spiego com’è nato il nome di Ásta. Poi perdo il filo.” E chi legge lo perde con lui.

“È impossibile raccontare una storia senza sbagliare, senza intraprendere percorsi arrischiati, o senza dover tornare indietro, come minimo due volte – perché viviamo contemporaneamente in tutte le epoche.”

 

Recensione di Lauretta Chiarini

L’isola dei tesori, dove gli animali sono preziosi

Commenta per primo

Commenti

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.