STORIA DI SHUGGIE BAIN Douglas Stuart

STORIA DI SHUGGIE BAIN, di Douglas Stuart (Mondadori)

Come con il bel tempo, c’era sempre la consapevolezza che prima o poi sarebbe finito e sarebbe di nuovo tornata la pioggia

Storia di Shuggie Bain” di Douglas Stuart. Quando un libro è potente ed avvolgente, quando capisci perché la lettura ci serve.

Una Glagow che non vorreste vedere, una zona di Glasgow dove non vorreste vivere, ma che, in questo romanzo, ti rimane incastrata addosso, si appiccica, si fa vischiosa ed è difficile staccarsene. E alla fine vorresti percorrere quei quartieri, quelle strade, tra la sporcizia, le miniere chiuse, la polvere nera, la povertà, la fatiscenza, perché è proprio lì che sai che potresti incontrare Shuggie e Agnes.

 

 

Dagli anni ’80 ai primi anni ’90, tra povertà, disperazione, alcolismo, fame e sussidi, un ragazzino cresce, suo malgrado, con un fardello enorme sulle spalle. Bullismo, esclusione, diversità, umiliazioni, abusi: Shuggie non sa perché è considerato diverso, Shuggie è estraneo al mondo che lo circonda, ai vicini, ai parenti, è al di fuori dell’ordinario. È un bambino vecchio, adulto prima del tempo; un bambino e poi un ragazzino che accudisce, che ama, che è cortese, educatissimo. Un bambino che ha solo uno scopo nella sua vita: sua madre Agnes. Averne cura. Shuggie non ha infanzia, ha solo amore da dare.

Seduta a bere i rimasugli di una vecchia birra, si domandava dove esattamente il suo bambino si stesse nascondendo dalla propria infanzia.”

Agnes e Shuggie sono tutto il romanzo, anche se Douglas Stuart disegna perfettamente ogni altro personaggio e ce lo serve sulla pagina vivo e reale, come rende reali gli odori, le strade, le case. In questo libro ci si vive dentro.

 

 

La narrazione dell’autore è il punto forte: non c’è l’empatia che potrebbe e dovrebbe farti piangere di fronte a quello che leggi; nè l’astio che dovresti provare di fronte a certi episodi; la scrittura è cruda, ma non da far male. La storia è dura, ma scivola via, ruvida, efficace. E Agnes vive, altéra nella sua povertà, fin troppo esuberante, ma non risulta mai un elemento negativo, nonostante quello che fa, mentre Shuggie non demorde ed è l’unico a non gettare la spugna, l’unica ancora di salvezza della madre. Non si può non amare, non si può dimenticare questa storia; non si può non desiderare di abbracciare per un momento il “nostro” ragazzino che è alla ricerca di una normalità che non comprende.

Difficile staccarsi da questo romanzo che, seppur molto diretto e realistico da sembrare quasi freddo nello stile narrativo, è in realtà una grandisima storia d’Amore.

520 pagine di poesia.

L’unica cosa che puoi salvare è te stesso“.

Imperdibile.

(Traduzione di Carlo Prosperi)

 

Recensione di Lauretta Chiarini

 

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