STORIA DI UN CORPO, di Daniel Pennac
“Storia di un corpo”, edito in Italia da Feltrinelli nel 2012, è un libro intelligente, pieno di ironia dolce-amara e di pagine colme di grande tenerezza. E’ un racconto di forte originalità dove il protagonista, dopo un episodio infantile che lo ha sorpreso e spaventato per la reazione del suo corpo alla paura, decide di conoscersi meglio proprio attraverso la sua fisicità e i cambiamenti che, nel corso degli anni, il tempo opera nella sua carne.
Quel tempo capace di scavare solchi sempre più profondi che dal corpo si ripercuotono sulla mente raggiungendo la parte più profonda dell’essere, come un’onda che si diparte dalla superficie della pelle e attraverso i visceri compenetra ogni più piccola fibra cerebrale fino a modellarne il pensiero. Il suo diario, dall’infanzia alla vecchiaia, arriva per posta alla figlia Liason, dopo la morte del suo autore.
L’infanzia, i ricordi di un padre tanto amato, di Violette, la tata adorata, della madre anaffettiva e isterica, seguiti dalle prime scoperte e dai turbamenti dell’adolescenza e dai bisogni e dalle necessità dell’età adulta fino al decadimento della vecchiaia, della malattia e della morte, ci vengono proposti in uno stile ironico e pungente attraverso tutte le sensazioni di un corpo che contiene una verità universale che a tutti appartiene.
Questo corpo che, ancora oggi, è il più esposto alla società consumistica in ogni sua forma, in realtà è fortemente celato da un pudore così intimo e silenzioso esattamente come due secoli addietro. Ed è proprio lui che riesce a coglierci sempre di sorpresa, come e più della vita stessa, anche nelle imprevedibilità più dolorose, dove esso è in grado di adattarsi alle nuove situazioni, spesso non piacevoli, in modo da poter continuare a trarre profitto dall’esistenza.
Dai 12 agli 87 anni, il protagonista annota ogni giorno nel suo diario tutto ciò che riguarda il suo organismo, in un tragitto pieno di esplorazioni e adattamenti alla metamorfosi quotidiana che diviene così immediatamente percettibile nel susseguirsi dei cambiamenti solo superficialmente infinitesimali e lievi.
Un libro che è solo apparentemente materialista ma che in realtà è delicato e profondo perché ci riconduce ad una consapevolezza comune, a quella grande solitudine nella quale ognuno vive le sue intime esperienze senza esternazione alcuna ma con la perenne paura della morte, propria e di chi si ama.
Non è solo la storia di un corpo ma di ogni essere umano, con i suoi toni intensi che salgono e scendono, con poche gioie e felicità che vengono ricordate in modo indelebile, con i grandi dolori, i fallimenti, le inquietudini e le angosce che ci si imprimono per sempre dentro e gridano, attraverso il corpo, le ferite dell’anima.
Da leggere come una cruda verità, diretta e disorientante, che non può non coinvolgere e nella quale è impossibile non riconoscersi mentre attraversiamo il percorso comune dell’esistenza.
Recensione di Maristella Copula
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