TEMPESTA MADRE, di Gianni Solla
” In fondo, la storia della nostra famiglia è la storia della malattia di mia madre. I due percorsi sono impossibili da distinguere. Le cartelle cliniche che avevamo collezionato negli ultimi anni, prima le mie, e poi le sue, ci raccontavano meglio di qualunque pellicola. Se devo scegliere un sentimento che ci descrive più di ogni altro, direi la paura. “
Come può un bambino mettere un argine alla malattia mentale di un genitore? Come può difendersi? In nessun modo. Vi aderisce, per rendere normalità ciò che normalità non è, asseconda i bisogni distorti per trovare un equilibrio vivibile nel totale squilibrio.
Jacopo vive con sua madre in una casa occupata abusivamente in un quartiere popolare di Napoli. Per lui quella ragazza bionda, che fuma una sigaretta dopo l’altra, gli legge le poesie di Majakovskij e ascolta musica classica, è la donna più bella del mondo, ma lei ha già in tasca il biglietto che la porterà, vent’anni dopo, a varcare la soglia della clinica psichiatrica Villa Arby.
È Jacopo ormai adulto che, non potendo più negare la realtà della follia della mamma, rilegge la loro vita passata, svelando ( soprattutto a sé stesso) che il bambino gracile e anemico che veniva continuamente portato in ospedale in realtà non aveva nulla, era un bambino che si trasformava in ciò che sapeva la mamma desiderava, un bambino malato.
Capisce che quando lei confidava ai medici di aver paura che lui avesse delle tare, in realtà parlava di sé stessa, e lui, per amore, ha continuato ad essere un bambino anche da adulto, incapace di imbastire una storia d’amore, sempre emaciato e soggetto ad epistassi di fronte alle emozioni ingestibili. Proprio come da piccolo. Ma guardare in faccia la realtà permette di crescere, di abbandonare le adorazioni incondizionate e accettare invece un amore imperfetto, doloroso, ma forse anche più vero e tenero, sicuramente meno dannoso e più adulto.
Recensione di Azzurra Carletti
TEMPESTA MADRE Gianni Solla
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