TEMPO FUOR DI TESTO P. K. Dick

TEMPO FUOR DI TESTO, di P. K. Dick ( Fanucci)

“Sono arrivato quasi oltre il confine, ho quasi visto le cose come sono. Non come le hanno fatte sembrare, a nostro beneficio”

Continua la mia esplorazione di Philip K. Dick, della cui personalità e della cui penna sono rimasta fortemente affascinata.

Questa volta sono stata a Old Town in compagnia di Ragle Gumm, il mitico campione pluriennale del concorso “Dove si troverà l’omino verde?” indetto dal giornale locale La Gazette.

Ragle ha la faccia di Philip Dick: mezza età (anche se Dick in realtà aveva 30 anni quando aveva scritto il libro), attirato dalle belle donne giovani e brune di capelli, fannullone (o almeno, senza un lavoro “classico” come tutti gli altri), paranoico, convinto di essere in possesso di una realtà segreta. Ragle Gumm (e insieme a lui il cognato Vic) infatti si è convinto che dietro la facciata di apparenza della città di Old Town si nasconda un’altra realtà, più profonda, di cui intravede la struttura solo a sprazzi, in brevi momenti di illuminazione. E qui Dick romanza un’esperienza che pare gli sia successa davvero: una sera, dopo aver mangiato troppo, va in bagno in cerca dei farmaci, fa per accendere la luce ma rimane straniato dal fatto che non trova la cordicella della luce. Il fatto è che non c’è mai stata una cordicella della luce in bagno: e allora com’è che lui se la ricorda? Da quale altra vita si è portato dietro questo ricordo indelebile? C’è un altro mondo oltre questo? (Tagomi, più avanti nel tempo, direbbe di si).

Negli anni della “paura rossa”, della minaccia nucleare, delle prime spedizioni spaziali, Dick imbastisce una storia multisfaccettata che inizia come un normale romanzo sull’America degli anni 50 per poi trasformarsi in mystery novel, in spy story e infine in fantascienza. E noi viaggiamo insieme a Ragle Gumm tra una dimensione e l’altra, in un universo confuso e confondente, iniziando a dubitare di tutto e tutti, guardandoci attorno paranoici. Chi lo sa cosa è vero? Chi lo sa cosa è reale? E soprattutto: qual è il prezzo da pagare?

Da questo libro è stata tratta ispirazione per lo stupendo film “The Truman show” (Peter Weir, 1998): libro e film sono tuttavia due cose diverse, entrambe meritevoli. Le consiglio entrambe.

“Tutto quello che so è quello che vedo e quello che mi accade. Penso che stiamo vivendo in un mondo diverso da quello che vediamo, e penso di aver saputo esattamente, per breve tempo, qual è quell’altro mondo. Ma poi l’ho perduto”

Recensione di Benedetta Iussig

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