
THEODOROS, di Mircea Cartarescu (Il Saggiatore – ottobre 2024)
Può considerarsi peccato, agli occhi di Dio, il desiderio legittimo di migliorare la propria posizione e di essere valutato secondo i propri meriti?
È questa una esigenza, che vede il desiderio assiduo ed egocentrico di affermarsi e distinguersi, e che alla fine dei nostri giorni, richiederà il verdetto conclusivo del suo Giudice.
Nei sogni dell’uomo risiede l’ambizione e l’esigenza della conquista del mondo, ma in questi, alleggia la sconfitta che il mondo stesso ha lui riservato.
Theodoros, il nome di un uomo del quale quest’opera ne vede impresse le sue volontà, è un individuo dalle grandi ambizioni. Desiderio che nasce dalla penna di uno scrittore che nel mondo ha trovato le sue dinamiche dilatate in ogni dimensione, collocando questo manoscritto nelle viscere della terra che ne custodisce opere e misteri, e dei quali l’uomo, ne rimarrà irrimediabilmente affascinato.
Una narrazione che vede ripercorrere circa tremila anni di storia, partendo dal regno di Re Salomone, e superando i nostri giorni. Tessuto che ne vede ricamate non solo le vicende degli uomini, ma di figure sacre avvolte nei fumi dell’incenso. Così maestosi agli occhi di un ragazzo, che pian piano diventa uomo. Tra le icone e le volte dipinte di angeli e profeti, la mano destra del Cristo Pantocratore, ne benedice ogni sua creatura.
Una storia fatta di uomini in terra, e di angeli in cielo. Di demoni e dei che combattono con le forze divini del creato. Luci ed ombre che si scontrano sotto la volta celeste. Amore, gloria e salvezza, intrisa di polvere sudore e sangue, in un campo di battaglia che semina morte e brutalità. Prepotenza che Theodoros infligge nei suoi simili, in questo limbo infernale chiamato terra.
Terra che si estende dalla Valacchia all’arcipelago delle isole elleniche, fino agli altipiani dell’Etiopia, ad inseguire come su di una mappa, le tappe che si svelano nelle sette lettere che formano il sacro nome Savoath, che nella traduzione ebraica indica, il Dio Signore degli eserciti. Esercito di uomini che si uniscono in un solo nome, per seguire il signore che domina in terra, con la sua arroganza e aggressività, spargendo orrore e morte e innalzando l’unico vessillo che porta l’effige di Theodoros.
Ma nonostante la sua prepotenza, una forza più grande e immensa della sua volontà, domina immancabilmente sulla sua coscienza, che pur segnandosi la croce, con le tre dita insanguinate, resta timorato dal vigore e dalla forza del Dio redentore, che veglia su di lui dall’alto dei cieli.
Nel petto di un uomo malvagio, batte ancora un cuore spinto dalla passione per alcune donne e soprattutto dall’amore per chi lo ha messo al mondo, Sofiana. Una madre che lo ha cresciuto seguendo rigidi insegnamenti religiosi, e con la quale Theodoros mantiene continuamente legato il cordone ombelicale, tramite una relazione epistolare dove gli si racconta ingannevolmente delle sue false opere caritatevoli verso il prossimo.
Sarà questo che lascia aperta, in lui, la porta della speranza che lo vedrà salire verso il cielo nel giorno della redenzione?
Come afferma il sommo poeta: «Lo maggior don che Dio per sua larghezza / fesse creando, e a la sua bontade / più conformato, e quel ch’e’ più apprezza, / fu de la volontà la libertate»
E con la dignità e con la libertà che regna in ogni essere, nella consapevolezza della scelta di vita e della propria fede, che Theodoros volle regnare in terra, come il suo Dio in cielo. Con lo spirito di chi nella storia ha dominato questo e l’altro mondo, nella memoria di grandi uomini come lo furono Alessandro Magno e Napoleone.
Tante le rotte navigate in un mare tempestoso, in balia di un destino ormai scritto dall’inizio dei tempi. Mete raggiunte con i venti che gonfiano le vele, nel timore della tempesta che arrivi da Chi ha già previsto il cammino dei suoi discepoli. Mari che spesso confondono la rotta, destinando i suoi naviganti verso mete che non teme l’Onnipotente. Infinite sono le vie del Signore, come interminabili sono le Sue terre, di quei popoli che lo venerano e di quelli che ignorandolo, onorano idoli compenetrati della potenza divina. Intesa spirituale di una fede difficili da estirpare, tanto da prostrarsi alla veste del Re dei Re, fin quando il seme della coscienza risiederà in essi, e alla fine dei tempi abbandonare la propria natura divina. Grande è quell’opera che vede la finzione intrecciarsi con la storia, e rivelarci quelle verità, nascoste nelle trappole del tempo.
Tempo che vede riflettersi in esso i suoi discepoli, e che lascia i segni di quella leggenda abissina dell’ottavo secolo d.C. e che ne svela il suo fascino nel libro Kebra Nagast (La gloria dei re), dove Salomone e la regina di Saba (Makeda) si ameranno di un amore che non avrà eguali. Dove la saggezza si fonde nella bellezza sconfinata di un uomo ed una donna, che secondo gli insegnamenti sacri, si convertiranno ad una sola religione. Ma come sempre accade, l’albero che matura, porta sempre i suoi frutti, dando alla luce un erede (Menelik) il quale, non prima di sottrarre a Salomone l’Arca dell’Alleanza, oggetto che Theodoros cercherà per diventare il re protetto dai cieli, diventerà primo re della città di Etiopia.
Facile diventa macchiarsi la coscienza, e trasgredire in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, attaccandosi a certi beni che ne feriscono la natura dell’uomo e attentano alla solidarietà umana.
Arriverà il giorno in cui il figlio di Dio si incarnerà sulla terra dominandola con paura e orrore, innalzando la sua nuova chiesa costruita con il corpo e con il sangue del suo popolo. Con la spada in una mano e con la croce di legno nell’altra. Triste è il destino di chi nella fede, non si inebria di essa.
Ma se quella fede, che è più certa della coscienza umana e che si fonda sulla Parola stessa di Dio, il quale non può mentire, abbandona lo spirito per diffondersi nella carne dell’uomo, che per sua natura debole è capace di mentire a sé stesso, ogni fondamento si abbandona alla sua credenza scorgendo nell’ambizione l’unica sua religione.
Riconciliante è il sentiero che porta alla meta del supremo verdetto. E quando il libro della sua avventura, si chiude con l’esplosione di un colpo d’arma da fuoco, sarà completa la sua storia. Li ad attenderlo ci sarà chi girando le sue pagine, riterrà tutto ciò, un’opera mondo o un inutile e volgare manoscritto, che non sarà degno di rimanere tra le grazie del suo Creatore, o resterà magari nei Suoi indimenticabili ricordi, accettandone il suo autoritario e inappellabile GIUDIZIO.
Buona lettura
Recensione di Giuseppe Carucci
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