THORNHILL, di Pam Smy (Uovonero)
Questo libro e’ senza alcun dubbio il più bello letto al momento quest’anno. “Libro”… In realtà e’ una “piccola” (seppur di 540 pagine) opera d’arte, che vuole essere non solo letta, ma anche toccata, vista, patita, “sentita” in ogni poro del corpo. Un libro a tutto tondo che mescola con incantevole maestria stili di narrazione diversi, e procede con l’alternanza tra pagine scritte e pagine solo illustrate. C’è tutto un pezzo di storia che non viene raccontato, ma deve essere osservato e interpretato. Un romanzo più adatto agli adulti che ai ragazzi, benché target originario… o perlomeno: giovani lettori, si, ma esperti. Perché ci vuole esperienza per navigare tra le pagine di questo albo magnifico, immaginifico, evocativo e poetico, seppur di una poesia cupa e cruda.
Un’opera inquieta, spietata, intrisa di citazioni più o meno esplicite, che penetra dentro, sedimenta, semina immagini ed emozioni e cresce come un rampicante.
1982: La piccola Mary vive a Thornhill, un imponente orfanotrofio femminile, dove passa le sue giornate sola e in silenzio, pesantemente bullizzata dalle sue compagne. Ma Mary (che somiglia in alcuni tratti alla “Mistress Mary, quite contrary” de “Il giardino segreto”), e’ incredibilmente forte pur nella sua fragilità, e cerca di costruire un muro di difesa attorno a lei: un muro che gli adulti per primi interpretano male e condannano come stramberia grottesca, tanto da farla passare rapidamente da vittima a colpevole.
35 anni dopo, la giovane Ella va ad abitare proprio davanti a quel maestoso edificio, ormai chiuso e lasciato allo stato di degrado. Ella non ha più la mamma (e si può dire che non abbia più nemmeno il papà, perché anche se ancora vivo non c’è mai) e passa buona parte del suo tempo in esplorazione. E’ proprio durante queste uscite che avrà modo di conoscere la (triste) storia di Thorhill.
Una storia in bianco e nero, non solo letteralmente, che urge essere letta, a maggior ragione in una società -come la nostra- che isola, emargina, abbandona e colpevolizza. Una storia che ci parla di violenza, solitudine, incuria, degrado, dolore e sofferenza; ma anche di amicizia, di crescita, di comprensione, di riparazione, di pazienza. Di coraggio.
Recensione di Benedetta Iussig
Commenta per primo