TOPI Gordon Reece

TOPI, di Gordon Reece (Giunti – luglio 2022)

 

Romanzo presentato come thriller psicologico, ma in merito ho qualche dubbio.

Senza dubbio la componente psicologica è predominante, manca forse quella del thriller.

Detto questo.

Libro molto ben riuscito, che scava nella condizione umana senza farsi scrupoli sul buonismo, sulle conseguenze di un trauma e sulle reazioni a eventi violenti senza porsi limiti etici o sociali: è realistico, crudo.

LA TRAMA

Shelley è una quindicenne timida, studiosa e riservata, figlia di genitori separati e giunta all’adolescenza con serena spensieratezza in compagnia di tre amiche con le quali è cresciuta.

L’arrivo dell’adolescenza cambia tutto: Shelley diventa vittima di inaudita violenza e bullismo ed è costretta a ritirarsi da scuola e proseguire gli studi a domicilio.

Trasferitasi in una grande casa di campagna con la madre, cercherà un nuovo equilibrio.

La notte del suo sedicesimo compleanno, però, per lei cambia di nuovo tutto: poche ore di sangue e inarrestabile crudeltà faranno di lei e della madre due nuove entità: non più topi rintanati nelle loro tane, ma ancora nemmeno gatti, pronti a graffiare la vita. Cosa sono, ora, Shelley e sua madre?

Finalmente un romanzo che affronta DAVVERO il trauma, senza trasformare le vittime in creature prive di intelligenza, capaci di solo di fare scelte demenziali in favore di una trama inverosimile.

Shelley e sua madre subiranno una lenta ma progressiva metamorfosi, una risposta credibile, per quanto sofferta e a tratti inaccettabile, alle angherie cui gli eventi e le persone le hanno condannate seppur innocenti.

E’ questo che mi aspetto da un libro incentrato sulla condizione di una vittima: una depressione e un’ansia che abbiano fondamenta solide, che possono sì sfociare in comportamenti ossessivi compulsivi, ma il suo risultato è la ricerca dell’autoconservazione, e non il semplice e lampante adattarsi alla trama dell’autore.

Ero molto scettica relativamente a questa trama dopo aver letto La mia prediletta, che mi ha profondamente delusa trattando un tema delicato come fosse semplice pongo da modellare a favore di un intreccio hollywoodiano privo di credibilità e realismo, ma devo dire che Reece da questo punto di vista compie un opera molto più matura e raffinata.

Di contro, in alcuni punti, soprattutto nella metà del romanzo, la storia soffre un po’ di immobilità.

A volte l’autore si sofferma con dovizia di particolari forse eccessiva sulle elucubrazioni mentali di Shelley, sulle sue paure, sui suoi incubi, sugli infiniti labirinti delle possibilità che si costruisce mentalmente.

Nel complesso però il romanzo è riuscito, sebbene non punti sul pathos, ma sulla vicinanza emotiva nei confronti di Shelley, nell’attesa che sbocci, alzi la testa, e veda il sole anziché le nubi. Meritatamente.

E attenzione, perché per fare questo Shelley e sua madre dovranno compiere atti contrari alla comune morale oltre che illegali, quindi il loro cambiamento impone al lettore anche una presa di coscienza in merito al loro percorso. In realtà Reece ci serve una trama che scoperchia un bel vaso di Pandora: se siamo in sintonia con una vittima, non riusciamo più a vederlo come carnefice, anche quando ne veste la parte ripetutamente. E’ lecito, quindi, compiere atti così estremi per riscattarsi da una condizione immeritata?

Reece nella sua opera non offre scelte diverse da quella che lui ritiene essere l’unica scelta. Che poi questo sia o meno accettabile, sta a noi deciderlo.

Recensione di Giulia Baroni

TOPI Gordon Reece

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