TRE CONTADINI CHE VANNO A BALLARE, di Richard Powers
1914. Tre ragazzi olandesi, diretti a una festa campestre, vengono immortalati dal celebre fotografo August Sanders: il romanzo, che ricostruisce fittiziamente le loro esistenze, è basato sull’interconnessione tra la vicenda principale e quella di un contemporaneo, ossessionato dalla foto vista in museo e deciso a svelare i misteri che essa dovrebbe celare; il serratissimo intreccio porta il lettore a rimbalzare tra le bizzarre e, a volte, surreali vicende dei tre ragazzi e la ricerca del narratore contemporaneo, che si abbandona a lunghe riflessioni, nelle quali non mancano dettagli tecnici e citazioni filosofiche, sulla tecnologia e sul suo impatto, intellettuale e emotivo, sull’uomo del XX secolo.
Il lettore ha modo, così, di rivivere la storia del secolo attraverso le figure di due personaggi realmente esistiti: la grande attrice Sarah Bernhardt, che entra in questa storia quando è ormai una diva al tramonto e la sua arte non ha più la capacità di incantare un pubblico che già ha altri idoli, e Henry Ford, l’imprenditore delle automobili, il prototipo dell’americano venuto dal nulla e capace di fondare un impero nel quale, utopisticamente, si raccomanda di amare il prossimo e si sogna di poter portare la pace con una traversata oceanica.
Romanzo impegnativo, dalla costruzione complicata dagli incroci tra i diversi piani temporali e i diversi punti di vista, “montato” con una tecnica quasi cinematografica e narrato in modo raffinato, senza eccedere e mantenendo un perfetto equilibrio tra le parti filosofiche e quelle più spiccatamente emozionali, attraverso le quali lo scrittore tenta di sondare l’autenticità dei sentimenti umani e il mistero dell’empatia che Ford aveva intenzione di trasformare in un motto e che, grazie a una foto, si realizza magicamente tra una vecchia olandese e il narratore.
Non è una lettura facile e richiederà molta concentrazione, ma risulterà decisamente appagante.
Recensione di Valentina Leoni
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