TRE OPERAI, di Carlo Bernari
Recensione 1
Una Napoli inedita, dove il folklore cede il passo a un realismo rigoroso, alle soglie dell’allegoria: in questa città vivono Anna, Teodoro e Marco, tre operai uniti da uguale amore e disperazione , in mezzo a ” prati grigi, mari bituminosi “, dai contorni sfocati nel fumo delle ciminiere.
Un amore privo di domani che coincide con le aspirazioni rivoluzionarie dei due maschi, nessuno dei quali è capace di dare ad Anna ciò che lei si aspetta dalla vita…L’ esordio di Bernari nel 1934 impose il giovane autore, cresciuto nell’ambiente crociano e antifascista partenopeo, all’attenzione dei circoli letterari più avanzati per la originalità del linguaggio e la novità del tema, che faranno di lui uno degli antesignani del neorealismo italiano, ma che gli attireranno gli strali del regime
Recensione 2
Narra la storia (dovrei dire le sventure) di tre operai, Teodoro, Marco, Anna, che vivono nell’Italia meridionale degli anni Trenta. Erano anni drammatici, per la guerra, il fascismo, la disoccupazione, la povertà. E così vivono i tre operai: senza alcuna speranza per il futuro.
A differenza del Metello di Pratolini (con cui all’inizio vedevo qualche analogia), i tre operai, pur aspirando a qualcosa di migliore, non riescono, forse neanche ci provano veramente, ad uscire da quella drammatica situazione per avanzare di classe e migliorare la loro vita. Appaiono come sconfitti.
Interessante la nota dell’autore a fine libro che inquadra il suo romanzo nel periodo storico-letterario, riportando anche le critiche di quei tempi.
È stata una lettura interessante anche perché realistica; appare notevole l’impegno politico e sociale di Carlo Bernari, trattando il problema del proletariato, le lotte degli operai negli anni in cui il Fascismo ostacolava il Movimento operaio, gli scioperi e le occupazioni nelle fabbriche. Eppure non ho provato nessuna simpatia per questi tre operai che si mettevano sempre nei guai o accettavano da vinti le varie situazioni.
Recensione di Giulia Ciarcià
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