
11TRILOGIA DI NEW YORK, di Paul Auster (Einaudi)

New York, New York. Protagonista di questi tre sorprendenti brevi romanzi è proprio la città di New York, in cui si muovono personaggi sfuggenti in cerca di identità. Il genere è quello della detective story ma molto rivisitata, con personaggi diversi ma trame molto simili tra loro. Si tratta di detective story perché troviamo i presupposti alla Chandler come un mistero da risolvere, a volte un crimine presunto o meno da evitare, donne fatali, una persona da pedinare, giri in tondo per seguirlo o appostamenti. Allo stesso tempo si differenziano dal genere per lo sviluppo: il detective avvicina o tenta di avvicinare il pedinato varie volte assumendo vari travestimenti senza sciogliere l’enigma ma arriva a perdere la propria identità e smarrirsi in un continuo labirinto di specchi deformanti e spesso finisce davanti a una stanza chiusa impenetrabile.
Del resto non è facile distinguere tra autore, narratore, personaggio e assistiamo a continui scambi. Quinn, il protagonista del primo libro, scrittore di polizieschi sotto uno pseudonimo, sembra il narratore delle vicende contenute ma, dopo aver assunto l’identità di detective improvvisato con un nome diverso, diventa un mero personaggio scritto da qualcun altro. C’è un rinvio al Don Chisciotte molto significativo, quando un certo Paul Auster, diventato personaggio, afferma che il personaggio Don Chisciotte potrebbe essersi finto pazzo per diventare autore e testare fino in fondo “la dabbenaggine dei suoi simili”. Del resto i tre romanzi dialogano costantemente con grandi autori della letteratura. Si va da Alice nel Paese delle meraviglie a Hawthorne con “Wakefield” a Thoreau con “Walden” e ciascuno ha un peso specifico e una funzione all’interno dei tre romanzi e introduce molteplici temi. A me è interessato in particolare il tema dell’assunzione di una nuova identità completamente diversa tramite il solo cambio del nome, che rimanda alla discussione su chi attribuisce il significato alle parole e alla posizione di Humpty Dumpty.
Si può dire che i tre romanzi, che in realtà sono molto più che strettamente legati, non solo mi sono piaciuti molto e mi hanno intrattenuto ma mi hanno fatto anche molto riflettere sulla fragilità delle nostre identità. Penso che la grande letteratura oltre che intrattenere non debba educare ma spingerci a farci domande e riflettere su di noi. Non so perché sia considerato un libro natalizio, anche se l’ho letto pensando lo fosse. Consigliato in tutti i periodi dell’anno
Recensione di Eleonora Benassi
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