TROPPO FREDDO A SETTEMBRE, di Maurizio De Giovanni
Maurizio De Giovanni nel suo secondo romanzo del ciclo di Mina Settembre, già dal titolo “Troppo freddo per settembre” ci suggerisce quello che incontreremo: una Napoli stretta nel freddo di un gelido mese di gennaio.
“Fa un freddo cane, il che fa perdere molto fascino a questa città che di buono ha poche cose, tranne il clima,” come dice uno dei personaggi incontrati nella storia.
Ma il vero freddo che blocca vite e vicende non è quello atmosferico ma quello del destino. Il destino che come un ineluttabile fato da una tragedia greca, nei quartieri spagnoli serra come una gabbia le persone nella povertà, oppure nel crimine.
Destino che, con animo da Donchisciotte, la determinata Gelsomina (detta Mina) Settembre, procace quarantenne e assistente sociale nel fantomatico “Consultorio dei Quartieri spagnoli Ovest” (di quello est si è persa traccia…), cerca di scompigliare cercando soccorrere una donna che le ha chiesto aiuto per il figlio appena uscito di prigione.
Sono al suo fianco, seppur recalcitranti, dei “colleghi” dello stesso scalcinato Consultorio. Il custode Giovanni Trapanese detto Rudy, ometto con velleità da cascamorto e attratto, come tutti, dal petto da maggiorata di Mina, e il ginecologo Domenico Gammardella detto (ma non da Mina) Mimmo, timido e semplice d’animo. Soprattutto, vista l’avvenenza (è bello come Kevin Kostner; mentre in “Dodici rose a settembre” era bello come Robert Redford, e chissà a quale altro attore assomiglierà in un terzo romanzo…) inconsapevole oggetto del desiderio delle donne (e pure di un paio di trans) del quartiere che affollano il suo studio con immaginari disturbi pur di essere visitate da lui.
Il ritrovamento di un anziano professore sulla cui sospetta morte indaga con spirito da mastino il rigido sostituto procuratore Claudio De Carolis (ed ex marito di Mina), coadiuvato dal suo aiutante, il bistrattato, inadeguato e fobico maresciallo Antonio Gargiulo, sarà l’inizio di due percorsi di ricerca che finiranno con l’incrociarsi.
Scritto magistralmente, con una travolgente graffiante ironia a volte grottesca che si alterna in momenti di sentita commossa partecipazione, un nuovo romanzo “giallo” di De Giovanni, la cui vera protagonista è Napoli.
Quella dolente dei quartieri spagnoli, zone popolari con la presenza di piccoli e bui vicoli, dalle alte scalinate e dai panni stesi ad asciugare tra i palazzi, con abitazioni e botteghe artigianali nei cosiddetti “bassi napoletani”. Dove per i suoi abitanti, consultorio, questura, commissariato o caserma dei carabinieri sono la stessa cosa. Sono “gli altri”, quelli che non devono sapere niente. E dove non si può perdonare chi va dagli “altri”.
Per non parlare di quello che potrebbe succedere quando gli “altri”, come la nostra Settembre, cominciano a fare troppe domande in giro. Ma Mina crede che da certe gabbie, nonostante un destino apparentemente scritto, si può, e si deve, tentare di evadere.
Recensione di Stefania De Prai
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