TUTTO È POSSIBILE, di Elizabeth Strout (Einaudi)
Lucy, scrittrice ormai famosa, va in Illinois per la presentazione del nuovo libro e ne approfitta per incontrare i suoi fratelli.
L’emozione è forte per ognuno di loro ma, va detto, ognuno è mosso da sentimenti diversi e contrastanti.
Si ritrovano nello squallido soggiorno della casa dei Barton, seduti su un sofà sbiadito e lacero, costretti a fare i conti con il loro doloroso passato.
Il dolore, il non detto, l’interpretazione personalissima e distorta che loro tre – bambini – avevano dato alla loro quotidianità danno vita ad una conversazione lacerante.
Ma intorno alla famiglia Barton viveva un’intera comunità e in questo secondo libro ogni storia (appena accennata nel primo) trova modo di delinearsi.
Lo scenario che ne risulta è sconvolgente: dolori e segreti insospettabili sono parte della vita di ognuno di loro.
Il racconto e l’analisi psicologica degli abitanti di quel piccolo paese arriva le radici del malessere ed il lettore si ritrova partecipe, commosso da quelle storie incredibili e comunissime nel contempo.
Relazioni malate, matrimoni moribondi, tradimenti e violenze consumate all’ombra delle pareti domestiche che si disvelano impietosi. Sono persone con più cicatrici che pelle, ma che scelgono di vivere, mai abbandonati dalla speranza che tutto è possibile.
Ma perché quelle storie lontane colpiscono e vanno dritte al cuore?
Perché fra quelle righe c’è una disincantata e spietata analisi della nostra società.
Ognuno trova un po’ del suo dolore, della sua solitudine e delle sue speranze.
Recensione di Gabriella Calvi
TUTTO È POSSIBILE, di Elizabeth Strout
Commenta per primo