ULTIMA LUNA, di Luce D’Eramo (Feltrinelli)
“La cultura!” rise Silvana: “E intanto chi gli lava il sedere? Chi gli misura la pressione? La cultura è l’alibi degli intellettuali per non rimboccarsi le maniche e non stare fisicamente vicino a chi sta male”. Quasi ansimava: ” …viviamo nell’era dell’eufemismo. Per carità! Vietato dire vecchi: la parola è terza età. Chi è cieco e sordo? Ci sono solo non vedenti, non udenti. Anche in Giappone vanno di moda gli slogan che imperversano qui? La vita comincia a sessant’anni. Per essere giovani basta volerlo. Cosi proclamano le riviste per la terza età che i sedicenti esperti varano a tutto spiano qui da noi. Tutta una rimozione del decadimento del corpo, della fisicità della morte. È inutile che mi nasconda lo sguardo dietro le palpebre. È questa la nostra cultura”
Come è possibile che un romanzo di grande sensibilità e onestà intellettuale, dalle descrizioni coraggiose, scritto con un’etica lucida e sorprendente possa passare quasi inosservato ai più?
Mi sorprende assai.
E mi sento grata alle mie amicizie per avermi dato modo di conoscere questa grandissima scrittrice italiana del novecento e la possibilità di leggere uno dei tanti suoi capolavori, perché “Ultima luna” è, a mio avviso, un capolavoro. Ve lo assicuro.
Il romanzo si incentra su Alfonsina ospite di un pensionato per anziani che dopo vent’anni incontra il figlio Bruno Giardini giornalista e scrittore stabilitosi ai tempi in Giappone per sfuggire all’illusione dell’ideologia politica e a una madre, giovane, occupatissima e acrimoniosa, pronta a vellutargli i disagi.
Accanto ad Alfonsina c’è Silvana Lanzi, la gerontologa che da tempo la segue con affettuosa sollecitudine.
Sarà Silvana a sciogliere il nodo delle emozioni e di pudore che trattiene madre e figlio e la costringerà a confrontarsi con Bruno in dialoghi di intensa profondità. Fino a scoprire che Alfonsina, sebbene rinchiusa in una Casa di riposo, ha tessuto le maglie per garantire un futuro privo di solitudine al figlio: un incredibile atto d’amore. Senza Alfonsina il romanzo non avrebbe avuto senso di esistere poiché è lei che mette in moto tutta quanta la storia.
“Ultima Luna” è uno dei pochi romanzi italiani che ha scelto di indagare in una realtà relegata nel silenzio: il difficile tema della vecchiaia.
E su questa intersecare la delicatezza del sentimento attraversando con perfetta linearità il vissuto dei non più giovani protagonisti senza utilizzare condizionamenti e stereotipi finalizzati a uso e consumo di un romanzo commerciale.
Io ne consiglio vivamente la lettura poiché ha diversi gradi di lettura: specchiarvi con ciò che saremo in futuro, sorte ineluttabile del nostro destino (Alfonsina e/o i vari coetanei di questa che si aggirano nella casa di riposo) senza girare intorno al rifiuto di riconoscerci nel vecchio che noi stessi saremo o stiamo diventano; vivere una matura storia d’amore (Bruno e Silvana hanno rispettivamente 60 e 50 anni), e conoscere anche il Giappone, quella parte nascosta non reclamizzata nei dépliant turistici (conoscete il fenomeno degli evaporati?).
E ancora trovare, nella freddezza dei dialoghi, nella peculiarità delle descrizioni, anche “cose deliziose” in grado di commuoverci per tanta, tanta reale e toccante umanità.
Ah, dimenticavo! Vi innamorerete senz’altro di Iside e Luna le gattine, furbe e ruffiane, della bella dottoressa Silvana.
“Quando ho scritto ‘Ultima Luna’ per documentami sulla condizione degli anziani mi sono fatta rinchiudere in più di una casa di riposo e non è stato piacevole” (Luce d’Eramo)
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