UN AMORE, di Dino Buzzati
Recensione 1
Su un libro di Buzzati si può scommettere ad occhi chiusi per una lettura di grande qualità. Anzi direi addirittura di una eccellente qualità. Questo romanzo è lontano dai temi del grottesco e dell’esasperante scorrere del tempo così caratteristici ne “il deserto dei tartari”; siamo nella moderna Milano (moderna riferito al periodo in cui è stato scritto il libro: anni ’60 del secolo scorso) e si tratta un tema estremamente intimo. Antonio è uno stimato professionista sulla soglia della cinquantina. Conduce una vita ordinata e borghese nella Milano del boom economico. Frequenta abitualmente una casa d’appuntamenti d’alto bordo che può permettersi agevolmente dal punto di vista economico e compra per pochi minuti l’amore, anzi, i corpi, di ragazze giovani e belle. Inaspettatamente si insinua in lui un sentimento nuovo e potentissimo verso una ragazza conosciuta in questo contesto. Si chiama Laide, è minuta, giovanissima, popolana. Antonio si innamora perdutamente e resta completamente prigioniero di questo sentimento.
Quasi tutto il libro si sviluppa su questo tema e sulle vicende che ne scaturiscono. Antonio succube di questo amore genuino ma insolito e contraddittorio si comporta goffamente e cerca di comprarla. Ne fa la sua mantenuta. Può permetterselo. Laide accetta ma mantiene verso Antonio una continua freddezza in tutte le sue sfaccettature e sembra quasi provocarlo. Antonio è continuamente divorato da dubbi e gelosie. Vorrebbe chiudere il rapporto ma si rende conto di non poter più fare a meno dell’amore di questa ragazza. Per lui Laide è diventata indispensabile. In questa parte centrale l’intero romanzo è un tunnel claustrofobico di sentimenti potenti e contrastanti. Il testo è raccontato in terza persona ma una eventuale narrazione in prima persona avrebbe cambiato poco. Antonio è al centro della scena; si parla quasi esclusivamente di quello che fa, di quello che pensa (soprattutto), del suo travagliato sentimento d’amore. Il resto è un fondale: la Milano di sessanta anni fa, il contesto sociale, amici, famiglia e la stessa Laide che resta comunque un personaggio secondario. C’è anche un finale per certi versi inaspettato e una morale di fondo.
Per me un libro bellissimo, mai noioso, certamente un po’ lento. Uno stile elegante, efficacissimo come ci si aspetta da uno scrittore come Buzzati. Un testo anche molto moderno non solo per l’epoca in cui è stato scritto; intimista, introverso, senza ipocrisie.
Recensione di Stefano Benucci
Recensione 2
Siamo a Milano intorno al 1960.
Due i personaggi principali: Antonio, un architetto cinquantenne che vive ancora con la madre, un uomo che non riesce ad avvicinare le donne se non dietro beneficio pecuniario; Laide, una ragazza squillo che gli fa perdere la testa, che lo fa invaghire di un amore morboso, ossessivo, malato.
Perché un uomo, peraltro un raffinato intellettuale, si umilia in tal modo appresso a una capricciosa e strafottente maschietta e si tormenta l’esistenza con mille gelosie e infauste fantasie? Forse perché sta invecchiando e si aggrappa a questa graziosa e invereconda ragazzina come ultima possibile occasione della propria giovinezza perduta? Senza di lei, resterebbero “…il vuoto, la solitudine, la prospettiva di un futuro sempre più squallido e morto.”
Riuscirà Antonio a guarire da questa malattia che lo ha reso sempre più meschino, vile, addirittura abietto? E lei, la Laide, non lo starà mica ingannando per approfittarsi di lui?
Da subito ho odiato il protagonista per questo suo modo perverso di amare, poi ho provato tanta antipatia anche per lei, così sfrontata e cinica; solo verso la fine del libro, ho perdonato loro tutto, quasi tutto.
Originale lo stile dell’autore, diretto, crudo usa tanti aggettivi qualificativi, poca punteggiatura, parole o intere frasi reiterate come per marcare la paranoia e l’angoscia vissute dal protagonista.
Recensione di Giulia Ciarcià
Recensione 3
Ancora una volta Buzzati mi ha colta di sorpresa. Non mi aspettavo un libro di questo tipo, non me lo aspettavo scritto da lui.
Premetto che colloco Calvino, Buzzati e Fenoglio ai primi posti della mia personalissima classifica degli autori italiani e che ogni volta che affronto un loro scritto mi preparo a qualcosa di speciale.
La lettura di questo romanzo ha confermato la tradizione.
Poche righe bastano a trasportarci nel pieno degli anni ’60: siamo in una Milano avvolta da un mare di nubi che nascondono il sole. Antonio Dorigo ha quasi 50 anni, fa l’architetto, vive con la madre. Ha uno strano rapporto con le donne: le sente lontane e diverse e proprio non riesce ad “abbordarle”.
Le sue attenzioni si rivolgono allora alle relazioni mercenarie.
Frequenta la casa della signora Ermelina e qui conosce la Laide, una giovane ballerina alla Scala che, pur non essendo bellissima, gli entra nella pelle e gli rovina l’esistenza.
Il lettore è immerso nell’ ossessiva meditazione del povero Dorigo, percorre i labirintici percorsi dei suoi pensieri disfunzionali.
Antonio perde lucidità e razionalità di fronte a questa ragazzetta che lo mena per il naso, è cieco di fronte a tutte le cattiverie e le bassezze di cui la Laide è capace.
Anche in questo libro al centro c’è l’attesa: c’è Antonio che aspetta che la Laide si innamori di lui mentre chi legge attende spasmodicamente che il pover’uomo ritorni in sé.
Recensione di Gabriella Calvi
UN AMORE Dino Buzzati
Uno degli ultimi libri che ho letto. Molto bello, leggendo mi sentivo come se stessi osservando un quadro mentre Buzzati me lo descriveva.