UN CICLONE SULLA GIAMAICA, di Richard Hughes
Quando un ciclone particolarmente potente distrugge la piantagione, già in rovina, della famiglia Bas-Thorton, gli adulti decidono che la Giamaica è un posto troppo pericoloso per allevare dei bambini e imbarcano i loro cinque piccoli, insieme a due dei figli dei vicini Fernandez, su un mercantile diretto in Inghilterra.
Per i sette ragazzini inizia così un viaggio emozionante, che prende una piega inaspettata quando la nave viene catturata dai pirati e i giovanissimi viaggiatori si trasformano, così, in ostaggi…
Ne Il leviatano, il filosofo Thomas Hobbes sostiene che l’uomo è per natura egoista e anarchico, incapace di altruismo e naturalmente incline alla lotta e all’odio; questa è la tesi di fondo suggerita anche da Hughes in questo fenomenale e in più punti sconcertante romanzo di avventura, che dalle prime pagine potrebbe sembrare l’ennesima storia di pirati, perfetta per ricavare un film Disney, ma che a metà vira bruscamente verso il drammatico e piuttosto che dalle parti de I figli del Capitano Grant siamo nei pressi de Il signore delle mosche, col quale trovo ci siano diversi punti di contatto.
Infatti, il romanzo racconta i mesi trascorsi in mare dai sette ragazzini che, liberi dai freni imposti dall’educazione, vivono seguendo, semplicemente, l’istinto e insieme alla loro inesauribile vitalità e alla gioia più genuina che accompagna ogni scoperta, mostrano anche la naturale ferocia e un’ indifferenza al limite dell’amoralità, atteggiamenti che li fanno apparire più crudeli dei pirati che li hanno sequestrati ma che sono connaturate nell’infanzia, sebbene gli adulti preferiscano spesso ignorarli e minimizzarli, trasformando i bambini in stereotipi rassicuranti.
Il romanzo di Hughes spazza via la maggior parte di questi stereotipi raccontando, con tono allegro e in modo spiazzante, una storia di bambini che non è affatto una storia per bambini, ma che si rivolge agli adulti per ricordare che anche loro un tempo, hanno dovuto fare i conti con tutti le pulsioni che ai protagonisti del romanzo viene permesso di sfogare; l’autore rivela di saper cogliere e interpretare al meglio l’animo infantile e sfrutta quel punto di vista per dare una lettura originale e drammatica dei meccanismi che regolano la società e le sue gerarchie, per giungere a constatazioni pessimistiche sulla natura umana e sulla reale possibilità di conoscerla a fondo.
Lettura suggestiva e stupefacente, da consigliare vivamente e sarebbe anche da augurarsi che venisse nuovamente tradotto, essendo ormai datata la traduzione proposta dall’edizione italiana in circolazione.
Recensione di Valentina Leoni
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