UN GIOCO DA RAGAZZI Enrico Ruggeri

UN GIOCO DA RAGAZZI Enrico Ruggeri

UN GIOCO DA RAGAZZI, di Enrico Ruggeri

 

Siamo nella Milano del primo dopoguerra: Carlo e Anna Scarrone, un professore universitario ed un’insegnante, si sposano e mettono alla luce tre figli: i primi due, Mario e Vincenzo, nascono ad un anno di distanza e crescono come gemelli, l’ultima arrivata, Aurora, guarda e segue con adorazione i fratelli. Accanto a loro troviamo i nonni e la zia, nella normale conformazione della famiglia allargata di un tempo.

Ma se nell’infanzia i due bimbi sono inseparabili, nonostante già manifestino un carattere diverso ed autonomo, “Nessuno parlava di Mario senza citare Vincenzo: erano “i bambini del professor Scarrone”, doppia entità accorpata in un unico soggetto. Sembrava che nulla potesse dividerli, il futuro li stava aspettando, e tutto faceva pensare che sarebbe stato un futuro comune.” (cit.) è negli anni dell’adolescenza che tutto cambia. Siamo nel periodo delle contestazioni studentesche che sfocerà negli anni di piombo e Mario, il primo ad andare al liceo, viene quasi intrappolato dai movimenti di sinistra e ne diverrà con il tempo uno dei leader.

Vincenzo, forse spinto dal desiderio di contrapposizione, vergognandosi delle scelte e delle convinzioni del fratello, si avvicina al movimento fascista e ne diviene, all’inizio inconsapevolmente, uno dei personaggi centrali.

Ruggeri ci guida durante la vita devastata dei due fratelli, che iniziando da manifestazioni in piazza si trovano al centro delle azioni di guerriglia degli anni di piombo, fino a dover espatriare per evitare di essere arrestati. La famiglia Scarrone è quindi distrutta dai due figli ed i suoi componenti muoiono uno ad uno, come il padre, che si ritiene sia deceduto di crepacuore. Rimangono Aurora e la madre, che si lascia cadere nel baratro della dipendenza da alcol e antidepressivi, sconvolgendo la vita dell’unica figlia rimastale accanto.

Ed è proprio Aurora la figura dolce e più forte, la sorellina adorante, che riesce a crescere senza farsi travolgere né dalle idee politiche né dall’odio che divide i due fratelli, cercando anzi di essere sempre un tramite tra i due.

Ruggeri ci racconta – attraverso gli occhi di due giovani fratelli schierati su fronti opposti – un tetro periodo della storia italiana, che spesso (da me per prima) è poco conosciuto.

Ciò che più mi ha colpito di questo libro è la vena di tristezza ed al tempo stesso di ineluttabilità che percorre le vite dei due ragazzi e di chi ruota intorno a loro: sono pochi quelli che negli anni delle contestazioni giovanili riescono a non schierarsi, di solito perché hanno interessi lontani dalla politica, come la musica. Il passaggio dalle contestazioni agli scontri e successivamente alla lotta armata ci appare inevitabile, come se ai due giovani la vita non avesse dato scelta. O forse, più semplicemente, il rancore, l’odio e la contrapposizione con l’altro e nel caso del comunista Mario verso la famiglia borghese, hanno guidato i due ragazzi a scelte opinabili.

Ruggeri riesce con maestria e grazie ad una scrittura incisiva e molto scattante a guidarci attraverso questo percorso, su entrambi i fronti (fascista e comunista), lasciando in noi la consapevolezza che ognuno di noi, in quell’epoca, in quella situazione storica, avrebbe potuto prendere la via sbagliata e non tornare più indietro. Non c’è mai un buono ed un cattivo, il bianco o il nero, ci sono solo due ragazzi che si trovano a fare scelte diverse che li guidano sempre più verso il baratro ma non si riesce ad individuare il momento preciso in cui la storia poteva essere cambiata. Poteva accadere per ogni scelta, quella del liceo, quella di parlare, quella di tacere, quella di distribuire i volantini, quella di andare in piazza a manifestare, quella di partecipare ad un’azione delittuosa, quella di espatriare. Ogni momento sembra essere al tempo stesso quello giusto per uscire dal giro e quello giusto per rimanere…

Ruggeri non giudica nessuno, nessun fronte, nessuna scelta: si limita a farsi – e renderci – spettatori delle vite degli Scarrone.

Il messaggio è forse proprio questo: non c’è bene o male, giusto o sbagliato. Ci sono solo scelte, che non appaiono al momento mai così definitive, ma che tracceranno il percorso della vita di ognuno di noi.

Recensione di Giulia Quinti
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