UN OSCURO SCRUTARE, di Philip K. Dick (Mondadori – aprile 2023)
“Che cosa vede una telecamera?, si chiese. Voglio dire, che cosa vede per davvero? E fin dove? Anche dentro la testa? Fin dentro il cuore? Una passiva telecamera a luci infrarosse, come quelle che si usavano una volta, o un’olocamera tridimensionale, del tipo che si usa oggi, l’ultimo tipo, può vedere fin dentro di me, fin dentro di noi, in modo chiaro o in modo confuso, oscuro? Io spero che possa, pensò, vedere con chiarezza, perché io non riesco a vedermi dentro meglio. Perché, pensò, se all’olocamera è concesso solo un oscuro scrutare, come è concesso a me, allora siamo maledetti, e ancora maledetti, come lo siamo sempre stati, e così finiremo tutti morti, conoscendo molto poco e comprendendo male perfino quel piccolo frammento. “
Esco devastata da questo libro.
Bob Arctor è un tossico, che passa le sue giornate a farsi e sballarsi con i suoi amici. Ma Bob in realtà è Fred, un agente infiltrato della Narcotici, con lo scopo di sapere qualcosa in più sulla nuova droga che sta dilagando, la Sostanza M. M come Morte. Nessuno sa chi è Fred, neppure i suoi superiori, perché indossa sempre una tuta disindividuante: Fred potrebbe essere chiunque. Tutto sembra filare abbastanza liscio fintanto che quelli della Narcotici non chiedono a Fred di indagare su Bob Arctor. E qui si apre il Vaso di Pandora.
Questo libro è dedicato, come spiega Dick nella nota in fondo al libro, a tutte le “persone che sono state punite eccessivamente per quello che hanno fatto. Volevano divertirsi, ma erano come bambini che giocano per strada, che per quanto possano vedere come ciascuno di loro, uno dopo l’altro, rimanga ucciso, travolto, mutilato, annientato, non per questo smettono di giocare. [] Se queste persone hanno commesso un peccato, è stato quello di voler continuare a divertirsi per sempre, e sono state punite per questo; ma come ho già detto, se davvero si è trattato di punizione, sento che è stata eccessiva[]”.
Questo libro parla di tossicodipendenza. I personaggi sono ispirati a persone che Dick conosceva, il modo in cui è scritto fa diventare storni, perché per più di metà sembra effettivamente scritto da uno che non ci sta tanto con la testa e salta continuamente da un concetto all’altro, facendo collegamenti e ragionamenti assurdi. Leggerlo è stato quasi un trip mentale. Dico “quasi” perché il trip mentale non l’ho mai provato. Sempre in fondo al libro troviamo una lista, una piccola lista ma allungabile all’infinito, di persone che Dick conosceva e che in un modo o nell’altro sono state rovinate dalla droga. Tra questi nomi c’è anche il suo.
Però non bisogna pensare a questo libro come a un libro moralistico: come dice Dick stesso, è più simile al teatro greco, in cui si raccontano cose, pensieri e riflessioni. E al di là del tema della tossicodipendenza, di pensieri e riflessioni ce ne sono un bel po’. In questo libro si parla di identità, di perdita di se’, di amicizie, di illusioni disillusioni e delusioni, di apparenza, di sorveglianza, di frustrazione. Si parla di vita e di morte. E se ne parla in un modo sconvolgente, travolgente e -si- ansiogeno. Ma a pensarci bene, forse non c’era un altro modo per parlarne.
A ben guardare, dopo tutte queste cose, nel libro si parla ANCHE di tossicodipendenza.
Un libro per me imprescindibile
“Le tenebre che ricoprono loro ricoprono anche me. Le tenebre di questo tetro mondo da incubo in cui galleggiamo alla deriva.”
Recensione di Benedetta Iussig
UN OSCURO SCRUTARE Philip K. Dick
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